
In attesa del condono i lavori possono continuare
NORMATIVA
In attesa del condono i lavori possono continuare
CdS: è necessario che gli interventi successivi alla domanda di sanatoria siano individuabili e non impediscano la valutazione degli abusi iniziali
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del 17/02/2025

04/09/2015 - È possibile proseguire i lavori mentre si attende la pronuncia del Comune su una domanda di condono. Per farlo non bisogna però stravolgere l’immobile, rendendo impossibile all’Amministrazione l’esame della domanda sui lavori abusivi realizzati inizialmente. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza 3943/2015.
Nel caso preso in esame, il proprietario di un immobile, che aveva effettuato degli interventi senza le dovute autorizzazioni, aveva presentato domanda di condono edilizio. Il Comune aveva però rigettato l’istanza dopo aver rilevato l’esecuzione di ulteriori opere, che avevano determinato uno stato di fatto diverso da quello dichiarato. Per questo motivo aveva ordinato la demolizione degli abusi.
Dopo il ricorso presentato dal proprietario dell’immobile, il Tribunale Amministrativo aveva dato ragione al Comune, convalidando l’ordine di demolizione, perché a suo avviso gli interventi aggiuntivi avevano determinato un radicale stravolgimento del fabbricato oggetto del condono.
Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la situazione affermando che, in base all’articolo 35 della legge Nicolazzi sul condono edilizio (Legge 47/1985), dopo centoventi giorni dalla presentazione della domanda e dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, chi presenta l’istanza di autorizzazione in sanatoria può completare, sotto la propria responsabilità, le opere oggetto della domanda. L’interessato deve comunicare la sua intenzione al Comune, allegare una perizia giurata sullo stato dei lavori abusivi ed attendere trenta giorni per iniziare i lavori.
In altre parole, la legge Nicolazzi autorizza la realizzazione di lavori di completamento. Chi effettua gli interventi si assume il rischio che la domanda di condono sia rigettata.
I giudici hanno spiegato che il condono non può essere negato solo sulla base dei lavori aggiuntivi, ma bisogna valutare se questi abbiano inciso in modo radicale sui beni oggetto del condono impedendo all’amministrazione di valutare i presupposti per la concessione della sanatoria.
Sulla base di questi motivi, l’ordine di demolizione è stato revocato. Al Comune è stato imposto di verificare prima i presupposti per il condono delle opere originarie e di accertare in un secondo momento la natura degli interventi successivi.
Nel caso preso in esame, il proprietario di un immobile, che aveva effettuato degli interventi senza le dovute autorizzazioni, aveva presentato domanda di condono edilizio. Il Comune aveva però rigettato l’istanza dopo aver rilevato l’esecuzione di ulteriori opere, che avevano determinato uno stato di fatto diverso da quello dichiarato. Per questo motivo aveva ordinato la demolizione degli abusi.
Dopo il ricorso presentato dal proprietario dell’immobile, il Tribunale Amministrativo aveva dato ragione al Comune, convalidando l’ordine di demolizione, perché a suo avviso gli interventi aggiuntivi avevano determinato un radicale stravolgimento del fabbricato oggetto del condono.
Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la situazione affermando che, in base all’articolo 35 della legge Nicolazzi sul condono edilizio (Legge 47/1985), dopo centoventi giorni dalla presentazione della domanda e dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, chi presenta l’istanza di autorizzazione in sanatoria può completare, sotto la propria responsabilità, le opere oggetto della domanda. L’interessato deve comunicare la sua intenzione al Comune, allegare una perizia giurata sullo stato dei lavori abusivi ed attendere trenta giorni per iniziare i lavori.
In altre parole, la legge Nicolazzi autorizza la realizzazione di lavori di completamento. Chi effettua gli interventi si assume il rischio che la domanda di condono sia rigettata.
I giudici hanno spiegato che il condono non può essere negato solo sulla base dei lavori aggiuntivi, ma bisogna valutare se questi abbiano inciso in modo radicale sui beni oggetto del condono impedendo all’amministrazione di valutare i presupposti per la concessione della sanatoria.
Sulla base di questi motivi, l’ordine di demolizione è stato revocato. Al Comune è stato imposto di verificare prima i presupposti per il condono delle opere originarie e di accertare in un secondo momento la natura degli interventi successivi.