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Professionisti, l’Antitrust boccia l’equo compenso

Professionisti, l’Antitrust boccia l’equo compenso

‘La norma reintroduce di fatto i minimi tariffari e vìola i principi concorrenziali’. CNI: ‘la concorrenza senza regole ci penalizza’. Confprofessioni: ‘Antitrust ferma al secolo scorso’

Vedi Aggiornamento del 21/01/2020
Professionisti, l’Antitrust boccia l’equo compenso
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 21/01/2020
28/11/2017 - È contraria ai principi concorrenziali la norma “che introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra i professionisti e alcune categorie di clienti, che fissino un compenso a livello inferiore rispetto ai valori stabiliti in parametri individuati da decreti ministeriali, sono da considerarsi vessatorie e quindi nulle”.
 
“La disposizione, nella misura in cui collega l’equità del compenso a parametri tariffari contenuti nei decreti anzidetti, reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l’effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. ‘forti’ e ricomprende anche la Pubblica Amministrazione”.
 
È il contenuto della segnalazione inviata ai presidenti del Senato e della Camera e al Presidente del Consiglio dei Ministri dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in merito alle norme sull’equo compenso dei professionisti introdotte dal decreto fiscale.
 
“L’Autorità - prosegue la segnalazione - ha sottolineato come, secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, le tariffe professionali fisse e minime costituiscano una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione”.
 
“Tale intervento, laddove approvato nei termini proposti, determinerebbe un’ingiustificata inversione di tendenza rispetto all’importante e impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni in atto da oltre un decennio e a favore del quale l’Autorità si è costantemente pronunciata, né risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale”.
 
“Inoltre - conclude l’Antitrust -, eventuali criticità connesse all’elevato potere di domanda potrebbero essere affrontate attraverso un migliore utilizzo delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi o dalle misure recentemente introdotte dal Jobs Act per tutelare i lavoratori autonomi in situazioni di squilibrio contrattuale e non tramite la misura in questione, che avrebbe l’unico effetto di alterare il corretto funzionamento delle dinamiche di mercato e l’efficiente allocazione delle risorse”.
 

CNI: ‘libera concorrenza senza regole penalizza i professionisti’

"Ci stiamo battendo per ottenere il riconoscimento di un diritto e stavolta la politica è stata ad ascoltarci. L'Antitrust ci ha dato una bacchettata, sostenendo che l’equo compenso viola la libera concorrenza. Noi diciamo che una libera concorrenza senza regole penalizza i professionisti, soprattutto quelli giovani". Questo il commento di Armando Zambrano, Presidente del CNI, che ha ricordato “Equo compenso: un diritto”, l'appuntamento organizzato congiuntamente da RPT e CUP il 30 novembre.
 

Confprofessioni: ‘l’Antitrust si è fermata al secolo scorso’

La posizione dell’Antitrust “conferma ancora una volta come l’Autorità garante sia rimasta ferma al secolo scorso. Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione professionale nei confronti di grandi committenti e della Pubblica Amministrazione non ha nulla a che fare con i minimi tariffari e non rappresenta alcuno ostacolo alla concorrenza”. Duro il commento del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella.
 
“Contrariamente a quanto sostiene l’Agcm, l’equo compenso non fissa dei minimi inderogabili, ma interviene laddove esiste uno squilibrio nei rapporti di forza contrattuale tra il professionista e committenti forti, quali banche, assicurazioni e P.A. Nessuna restrizione alla libera concorrenza, quindi, semmai uno strumento necessario per correggere quelle distorsioni nel mercato dei servizi professionali che autorizzano, per esempio, le amministrazioni locali a pubblicare bandi che pretendono un compenso simbolico, un euro, per prestazioni complesse e onerose”.
 
“Molto discutibile anche la tesi dell’Agcm secondo cui l’introduzione di un equo compenso danneggerebbe i professionisti più giovani - aggiunge Stella -. Dati alla mano, 10 anni di deregulation selvaggia hanno colpito proprio le fasce professionali più giovani, i cui redditi medi si attestano tra i 17 mila e 24 mila euro annui. Se guardiamo in faccia la realtà, il processo di liberalizzazione delle professioni, sbandierato come una conquista dal Garante, ha di fatto creato nuove forme di ‘precariato’ tra i giovani professionisti, calpestando ogni diritto dei lavoratori autonomi, a cominciare dal principio costituzionale che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro”.
 

Colap: ‘il testo è migliorabile’

“Il rapporto tra professionista e PA è estremamente sbilanciato; la PA resta il cliente più avaro, più impenetrabile e più insolvente, su questo occorre porre un rimedio. Dobbiamo evitare i bandi a costo zero per limitare il precariato professionale e lo sfruttamento”. Così la Presidente del Colap Emiliana Alessandrucci. “La sentenza del Consiglio di Stato sulla questione del comune di Catanzaro con bandi a 1 euro non solo è inaccettabile, ma rischia di provocare effetti pericolosi, avallando la tesi che si può, anzi si deve lavorare gratis per farsi curriculum: se non è sfruttamento questo?”.
 
“Il parere dell’Antitrust ci sembra trascurare questa distinzione e trattare il rapporto del professionista con la PA alla stessa stregua del rapporto tra privati, mentre il committente PA è capace di azzerare qualsiasi capacità contrattuale; si rischia davvero il monopolio del prezzo più basso”. “Il principio introdotto nel Decreto Fiscale, soprattutto nei rapporti con la PA, deve rimanere. Siamo disponibili a ragionare sul modello migliore, e più lontano possibile dalle tariffe, per stabilire i parametri che potrebbero comporre l’equo compenso”.
 

Gli Amministratori Immobiliari concordano con l’Antitrust

“Condividiamo quanto sostiene l’AGCM e siamo molto perplessi che il provvedimento sull’equo compenso possa riuscire ad essere veramente ‘equo’ anche per la nostra categoria” - fa sapere l’Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari Professionisti (ANAIP).  “A differenza di tutte le altre professioni autonome, nel nostro caso sarebbe applicabile solo quando si amministrano beni immobili di proprietà pubblica. In ambito privato invece finirebbe per discriminare l’amministratore di condominio professionista a vantaggio di quello improvvisato”.
 
“L’amministratore del classico condominio - spiega l’ANAIP - può essere anche un semplice condòmino, spesso pensionato o dipendente pubblico, non necessariamente un lavoratore autonomo o professionista. Nella scelta di un amministratore, avrebbe la meglio il condomino/amministratore perché, non dovendosi attenere alle regole di un eventuale equo compenso, chiederebbe un onorario sicuramente inferiore a quello del professionista”. Perché il compenso sia ‘equo’ anche in ambito privato - spiega ANAIP - “si dovrebbe imporre a tutti gli amministratori il rispetto di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, riconoscendo implicitamente che solo un soggetto con competenze professionali e manageriali può svolgere tale attività”.
 

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