04/02/2021 - Più verde, più vivibile, innovativa e inclusiva. Così potrà diventare l’Italia da qui al 2030 se saprà utilizzare al meglio le opportunità e le risorse che l’Europa ha messo a disposizione con il Next Generation EU (NGEU). Ne è convinta
Legambiente che presenta il
suo Recovery Plan, frutto di un lungo dialogo durato 5 mesi con istituzioni, imprese, associazioni, sindacati, e di una scrittura collettiva e condivisa.
Il documento ci proietta verso l’Italia del 2030 e indica, per le 6 missioni indicate dall’Europa,
23 priorità di intervento,
63 progetti territoriali da realizzare - tra rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, adattamento climatico e riduzione del rischio idrogeologico, ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati, innovazione produttiva, rigenerazione urbana, superamento del digital divide, infrastrutture verdi, turismo, natura e cultura - insieme a
5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese per renderlo più moderno e sostenibile, dando il via ad una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale.
Il faro che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente le 23 priorità nazionali di intervento. Nel documento, inoltre, l’associazione ambientalista descrive, regione per regione, quelle che a suo avviso sono le
opere da realizzare e quelle da evitare, indicando in maniera chiara come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e i 32 miliardi destinati alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”.
Recovery Plan, ecco il PNRR di Legambiente
Tra i
progetti infrastrutturali da finanziare, Legambiente indica, ad esempio, oltre all’
Alta Velocità nel centro Sud, le
reti ferroviarie di Sicilia, Calabria, Basilicata, Molise, Campania, Sardegna, Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia; l’elettrificazione dei porti; l’idrovia Padova Venezia; la chiusura dell’anello ferroviario di Roma.
E poi le
delocalizzazioni degli edifici a rischio idrogeologico in Calabria, Sardegna e Umbria; la digitalizzazione nelle aree interne e una nuova fruibilità turistica delle aree montane come nelle Marche, dove andrebbero finanziate le
connessioni ciclopedonali, che mancano, tra Appennino e costa adriatica; la
riqualificazione dell’edilizia popolare (messa in sicurezza ed efficientamento energetico)
e degli istituti scolastici in Campania; il progetto integrato sulla “città adriatica” nelle Marche.
Tra
i progetti da evitare e che l’associazione ambientalista boccia c’è, ad esempio, il
ponte sullo stretto di Messina, un’opera che, “oltre ad essere costruita in zona ad alto rischio geotettonico e sismico e a compromettere ambienti marini, costieri ed umidi di eccezionale bellezza, impegnerebbe ingenti risorse economiche distraendole dalla priorità di rendere più moderna e civile la mobilità in Calabria”.
Relativamente all'edilizia, Legambiente propone di
finanziare la proroga del superbonus al 2025 con revisione dei criteri tale da promuovere l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili in sostituzione delle caldaie a gas. Da
non finanziare sono invece: gli
incentivi per la riqualificazione edilizia non collegati a un miglioramento reale delle prestazioni energetiche (come purtroppo avviene con l’attuale sistema di incentivi in vigore per il 110% che viene garantito con l’aumento di solo 2 classi energetiche dell’edificio) e gli incentivi per la sostituzione di impianti di riscaldamento che prevedano l’installazione di caldaie a gas.
Recovery Plan: progetti prioritari + riforme trasversali
“Questi interventi - spiega
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - devono essere accompagnati da un
profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori e ridurre le contestazioni locali. Solo così si darà concretezza al nome scelto per il PNRR: Next Generation Italia, con un forte richiamo agli impegni che si assumono per le prossime generazioni. Ma perché alle intenzioni dichiarate corrispondano i fatti è necessaria quella volontà politica che non abbiamo visto finora. È il momento di mostrarla”.
L’associazione ambientalista indica nella sua proposta di PNRR le numerose
riforme necessarie per ciascuna delle 23 priorità di intervento individuate, a cui se ne affiancano altre 5 trasversali, da mettere in campo per accelerare la transizione ecologica:
1) velocizzare l’iter autorizzativo con le semplificazioni all’iter di approvazione dei progetti;
2) combattere la concorrenza sleale con il miglioramento qualitativo dei controlli ambientali attraverso il potenziamento del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente;
3) istituire una
governance efficace con una Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sul modello di quanto già fatto, con risultati incoraggianti, sul rischio idrogeologico e sull’edilizia scolastica;
4) aumentare le competenze della pubblica amministrazione con un vasto programma di formazione e aggiornamento professionale;
5) ridurre i conflitti territoriali con una nuova legge sul dibattito pubblico per la condivisione e la partecipazione di cittadini e istituzioni locali che potenzi quanto già previsto da Codice degli appalti e Valutazione di impatto ambientale.