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Dal materiale della copertura del pergolato può dipendere il titolo abilitativo?
di Redazione Edilportale

Dal materiale della copertura del pergolato può dipendere il titolo abilitativo?

Con due diverse pronunce i giudici spiegano come realizzare pergolati e pergotende senza incorrere in abusi edilizi

Vedi Aggiornamento del 31/05/2024
Foto: cla78 123RF.com
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di Redazione Edilportale
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06/12/2023 - Quando è possibile installare un pergolato senza permessi e soprattutto cosa si intende per pergolato? Una ristrutturazione può essere mascherata da una pergotenda?
 
Gli interrogativi su questi casi sono molto frequenti, complice una normativa che non sempre risulta chiara e inequivocabile.
 
I dubbi generano contenziosi, che la giurisprudenza è chiamata a dirimere dando indicazioni sulle caratteristiche di un pergolato senza permessi o di una pergotenda.
 

Cosa su intende per pergolato

Uno dei casi esaminati riguarda il proprietario di un appartamento al piano terra, che ha realizzato, in deroga alle distanze, una tettoia in legno nel cortile.
 
La tettoia ha ottenuto la sanatoria edilizia, ma poco dopo il proprietario ha presentato una Scia per trasformarla in pergolato attraverso la sostituzione della copertura in legno con piantumazioni e un telo rimovibile, utile ad evitare l’accumulo del fogliame.
 
Dopo qualche mese, il proprietario ha nuovamente cambiato idea e presentato un’altra Scia in variante rispetto al permesso di costruire in sanatoria, in cui dichiarava che l’originaria copertura in legno sarebbe stata sostituita con lamelle in PVC o con un telo di plastica retraibile.
 
Il Comune, però, ha annullato la seconda Scia perché in contrasto con i contenuti della prima. Il Comune, dopo la presentazione della prima Scia, non aveva ordinato la sospensione dei lavori. A suo avviso, quindi, dovevano essere realizzati i lavori descritti nella prima Scia, senza variazioni.
 
I giudici del Tar Campania, con la sentenza 5805/2023, hanno spiegato che non è rilevante che la copertura sia costituita da lamelle di PVC o da un telo retraibile di un materiale diverso. Questo elemento, sottolinea il Tar, non incide sulla consistenza del pergolato e sulla struttura già assentita.
 
Il Tar ha ricordato che rientra nella nozione di pergolato una struttura in legno o metallo “che funge da sostegno per piante rampicanti, teli o equivalenti coperture filtranti, il cui aspetto caratteristico risiede nella mancanza di pareti e di copertura impermeabile”.
 
Dal momento che sia una copertura in lamelle in PVC sia quella costituita da un telo sono filtranti e facilmente amovibili, il Comune non avrebbe dovuto intervenire.
 

Cosa è una pergotenda e quali permessi servono

L’altro caso in cui i giudici hanno nuovamente dovuto spiegare cosa si intende per pergotenda, riguarda il proprietario di un’abitazione, che ha presentato la Scia e iniziato l’installazione di due tende retraibili da 48 metri quadri e 23 metri quadri, predisponendo anche gli attacchi per l’impianto di climatizzazione. Il Comune ha dichiarato inefficace la Scia e ordinato la demolizione delle opere.
 
Il proprietario ha presentato ricorso, spiegando che l’intervento consiste nell’installazione di una pergotenda.
 
Ricordiamo che per l’installazione di una (vera) pergotenda il proprietario non avrebbe dovuto neanche presentare la Scia dal momento che, in base al Glossario delle opere di edilizia libera, contenuto nel DM 2 marzo 2018, le pergotende, le pergole e i pergolati possono essere installati senza alcun permesso.
 
Il Tar ha respinto il ricorso, affermando che le opere iniziate non si qualificano come pergotende, e il proprietario si è rivolto al Consiglio di Stato.
 
I giudici del CdS, con la sentenza 9751/2023, hanno confermato la decisione del Tar perché hanno rilevato che le opere realizzate non possono essere assimilate alla fattispecie della pergotenda.
 
Per dare questa risposta, il CdS ha ricordato che la pergotenda richiede che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi come mero elemento accessorio, necessario solo al sostegno e all’estensione della tenda.
 
Il CdS ha aggiunto che gli interventi che alterano l’originaria consistenza fisica dell’immobile, comportano l’inserimento di nuovi impianti, la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano come manutenzione straordinaria né come restauro conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia.
 
Date le caratteristiche del manufatto e il suo impatto sull’immobile, i giudici hanno confermato la demolizione.
 
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