11/04/2025 - La
rendicontazione di sostenibilità, o
sustainability reporting, è uno degli strumenti chiave della strategia europea per la transizione ecologica. È il processo attraverso cui un’azienda racconta in modo chiaro e verificabile cosa sta facendo in ambito ambientale, sociale e di governance (
ESG).
A cosa serve la rendicontazione di sostenibilità?
La rendicontazione non è un’operazione di green marketing, è uno strumento concreto che permette di
misurare e comunicare l’impatto reale delle proprie attività su persone e ambiente.
Attraverso la rendicontazione, le imprese possono
informare i propri stakeholder - investitori, clienti, dipendenti, fornitori e istituzioni - mostrando se e come stanno operando in modo responsabile.
Ma non è solo comunicazione. La rendicontazione permette anche di
misurare e migliorare le performance ESG, valutando i progressi verso obiettivi concreti come la neutralità climatica, l’economia circolare o l’inclusione sociale. In questo senso, diventa uno strumento di autovalutazione e di pianificazione strategica.
Inoltre, consente alle aziende di
mantenersi competitive; banche, fondi di investimento e mercati finanziari premiano sempre più le imprese sostenibili, anche in termini di accesso al credito. Infine, aiuta a
prevenire rischi - ambientali, normativi o sociali - che, se non gestiti, possono trasformarsi in danni economici e reputazionali.
La sostenibilità può essere semplificata? Il pacchetto Omnibus
Il processo di
rendicontazione di sostenibilità è molto complesso ed oneroso, poiché basato su stringenti requisiti normativi definiti da:
- la direttiva Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD);
- la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D);
- il Regolamento sulla Tassonomia UE.
Proprio per rispondere a questa complessità, la
Commissione Europea ha presentato il 26 febbraio 2025 l’Omnibus Simplification Package, un pacchetto normativo finalizzato ad alleggerire
il carico normativo legato alla rendicontazione di sostenibilità, riducendone la complessità e i costi applicativi per le imprese. Si prevedono
6,3 miliardi di euro di risparmi in costi amministrativi all’anno.
Tra gli obiettivi dichiarati anche quello di
tutelare le piccole e medie imprese, evitando che gli obblighi di rendicontazione delle grandi aziende si ripercuotano a cascata sui fornitori più piccoli, spesso non direttamente soggetti alla normativa ma comunque coinvolti nella catena del valore (
Value Chain).
Come opera Omnibus
Il pacchetto omnibus interviene sui tre pilastri normativi dela sostenibilità appena citati, nello specifico
:
- Il primo intervento, noto come Omnibus I ha introdotto il cosiddetto Stop The Clock: un posticipo dell’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione, approvato dal Parlamento Europeo lo scorso 3 aprile.
- Il secondo intervento, Omnibus II mira invece a modificare i criteri dimensionali che determinano l’obbligo di redigere il report di sostenibilità.
Il pacchetto Omnibus include anche misure per semplificare il
CBAM (meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere) e i principali strumenti finanziari europei, come
InvestEU.
Questo focus intende riflettere sui
rischi di una semplificazione normativa che, pur nata per agevolare le imprese, potrebbe svuotare di significato il
processo di rendicontazione, riducendolo a un mero adempimento formale, lontano dalla sua funzione originaria di leva strategica per la sostenibilità.
Tra gli addetti ai lavori cresce il timore che più che un vero tentativo di efficientamento, si tratti di
un passo indietro sul fronte delle ambizioni ambientali.
L’obiettivo di rendere l’economia europea più sostenibile resta ancora centrale? Oppure sta emergendo un cambiamento di priorità a livello globale, destinato a rallentare — se non a ridimensionare — i traguardi fissati per il 2030 e il 2050?
Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)
La CSRD è la direttiva europea che introduce nuovi obblighi di trasparenza per le imprese, imponendo la rendicontazione delle performance in ambito ambientale, sociale e di governance (ESG).
L’obiettivo è far sì che non vengano comunicate solo informazioni economiche e finanziarie, ma anche dati concreti sull’impatto dell’attività aziendale sul clima, sul consumo di risorse, sul rispetto dei diritti umani e sulla gestione etica.
I dati devono essere raccolti seguendo standard europei comuni, gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards), e certificati da un revisore indipendente.
La CSRD stabilisce un’applicazione graduale,
in base alla dimensione dell’impresa:
- Nel 2025 per le grandi imprese che costituiscono enti di interesse pubblico (EIP) con oltre 500 dipendenti, comprese le capogruppo di grandi gruppi;
- Nel 2026 per tutte le altre grandi imprese e le altre imprese madri di grandi gruppi (con più di 250 dipendenti);
- Nel 2027 per le piccole e medie imprese quotate, escluse le microimprese, e alcune tipologie di enti finanziari (come assicurazioni e riassicurazioni captive), con riferimento agli esercizi aventi inizio il 1º gennaio 2026.
CSRD, cosa cambia con il Pacchetto Omnibus
Con l’approvazione dell’Omnibus I, l’
entrata in vigore di questi obblighi è stata posticipata di due anni per le imprese che non hanno ancora avviato la rendicontazione, alleggerendo temporaneamente il calendario.
Inoltre, l’Omnibus II propone di
ridurre l’ambito di applicazione della direttiva; l’obbligo riguarderebbe solo le aziende con più di 1.000 dipendenti, anziché 250 come previsto in origine. Questo intervento comporterebbe l’esclusione di oltre l’80% delle aziende inizialmente incluse nella platea soggetta alla CSRD.
Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD)
La
CSDDD impone alle grandi imprese di
identificare, prevenire, attenuare e affrontare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente lungo
l’intera value chain, non solo nelle proprie attività dirette, ma anche tra fornitori, subappaltatori e partner commerciali.
In termini semplici, l’UE chiede alle aziende di
fare attenzione a come conducono il proprio business, assumendosi la responsabilità per comportamenti scorretti come il lavoro minorile, lo sfruttamento, l’inquinamento o la deforestazione.
L’obiettivo è rafforzare la
responsabilità sociale e ambientale delle imprese, soprattutto nei contesti in cui le normative locali sono meno rigorose. Le aziende dovranno quindi integrare processi di
due diligence di sostenibilità nei propri sistemi decisionali, e in alcuni casi
rispondere legalmente per danni provocati lungo la filiera.
CSDDD, cosa cambia con il Pacchetto Omnibus
Il
pacchetto Omnibus introduce numerose modifiche che alleggeriscono notevolmente gli obblighi previsti dalla CSDDD:
- le valutazioni dei rischi ESG si applicano solo ai fornitori diretti, escludendo i livelli più profondi della catena;
- la frequenza dei controlli viene ridotta da annuale a una volta ogni cinque anni;
- viene rimosso l’obbligo di interrompere i contratti con fornitori non conformi alla normativa;
- decade la responsabilità civile in caso di inadempienze: le aziende non saranno sanzionate se non rispettano quanto previsto;
- gli Stati membri non potranno introdurre norme più stringenti rispetto a quelle fissate dalla direttiva UE. Una volta definito un target europeo, esso varrà per tutti.
- l’entrata in vigore è posticipata di un anno, con avvio previsto nel 2028.
Regolamento sulla Tassonomia UE
Il
Regolamento sulla Tassonomia è uno strumento ideato per fornire una definizione chiara e condivisa di cosa si intende per “attività economica sostenibile” dal punto di vista ambientale.
L’obiettivo è quello di
creare un linguaggio comune sulla sostenibilità, utile per imprese, investitori e istituzioni finanziarie, evitando l’uso improprio o arbitrario del termine “green”. Il regolamento stabilisce criteri tecnici dettagliati che un’attività deve rispettare per essere considerata ecosostenibile, contribuendo così a indirizzare i capitali verso progetti realmente favorevoli alla transizione ecologica e a contrastare il greenwashing.
Tassonomia, cosa cambia con il Pacchetto Omnibus
Anche in questo caso, il pacchetto Omnibus introduce
una forte riduzione della platea di imprese soggette agli obblighi di rendicontazione previsti dalla Tassonomia.
- Gli obblighi di allineamento si applicheranno solo alle imprese con più di 1.000 dipendenti.
- Per le imprese sopra questa soglia ma con un fatturato netto inferiore a 450 milioni di euro, l’adesione sarà volontaria.
In pratica, la proposta
restringe notevolmente il perimetro di applicazione della Tassonomia, riducendo il numero di aziende tenute a rendicontare i propri investimenti sostenibili secondo i criteri europei.
Semplificare sì, ma ci possono essere rischi?
Alleggerire l’onere di rendicontazione per le aziende è senz’altro positivo e necessario. Tuttavia, una semplificazione eccessiva delle procedure potrebbe
compromettere la qualità dell’informazione e indebolire il valore strategico della rendicontazione di sostenibilità.
Nel caso della CSRD, quali rischi?
Con il posticipo degli obblighi previsti dalla CSRD, molte imprese - già pronte ad adempiere alla direttiva - continueranno a pubblicare report volontari, ma senza uniformità né chiari riferimenti normativi. Questo scenario rischia di generare confusione tra gli stakeholder, compromettendo la comparabilità dei dati e la credibilità complessiva dell’informativa ESG.
È questa la
preoccupazione espressa da Assirevi (Associazione Italiana delle Società di Revisione Legale), che ha sottolineato anche un altro punto critico: la riduzione della platea delle imprese coinvolte.
Quanto a questa riduzione, Assirevi evidenzia il rischio legato all’esclusione di società quotate con meno di 1.000 dipendenti, così come di imprese non labour intensive, ma con attività ad alto impatto ambientale o sociale. Il pericolo è di lasciare fuori proprio quelle realtà che dovrebbero essere parte attiva nel processo di transizione sostenibile.
E per la CSDDD?
Nel caso della Corporate Sustainability Due Diligence Directive, il pacchetto
Omnibus indebolisce significativamente il quadro normativo. Le modifiche proposte riducono la portata della due diligence alle sole relazioni con i fornitori diretti, abbassano la frequenza dei controlli, rimuovono l’obbligo di interrompere contratti non conformi e eliminano la responsabilità civile in caso di inadempienza. Il risultato è una
due diligence più formale che sostanziale.
Infine, la Tassonomia
Anche per quanto riguarda la Tassonomia UE, la semplificazione comporta una drastica riduzione delle imprese obbligate a rendicontare, limitando l’obbligo a quelle con oltre 1.000 dipendenti. Per le aziende tra 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato, l’allineamento diventa volontario, riducendo ulteriormente la copertura dello strumento.
Abbiamo definito questi tre regolamenti come
pilastri del quadro normativo europeo sulla sostenibilità. Il rischio concreto è che la semplificazione - pur mossa da buone intenzioni - finisca per
indebolire l’impianto complessivo, trasformando il reporting di sostenibilità da leva strategica a mero adempimento.
Le incertezze generate dalla proposta Omnibus, sommate a un clima politico europeo in evoluzione, rischiano inoltre di inviare segnali scoraggianti alle aziende più virtuose, penalizzando gli
early adopter e rallentando il percorso di trasformazione sostenibile.
Se la rendicontazione perde coerenza, comparabilità e obbligatorietà, non solo si rischia un passo indietro sul fronte ESG, ma anche di vanificare gli sforzi di chi ha investito per tempo in responsabilità, trasparenza e innovazione.