
Rinnovabili, il Comune può imporre una distanza minima dal centro abitato?
NORMATIVA
Rinnovabili, il Comune può imporre una distanza minima dal centro abitato?
Il Tar Lazio ricorda il principio UE della massima diffusione delle energie pulite e quali sono i motivi che giustificano le deroghe
Vedi Aggiornamento
del 10/04/2025

10/03/2025 - Chi ha il potere di decidere in merito alla distanza delle rinnovabili dal centro abitato? I Comuni possono adottare regole in tal senso e se sì, entro quali limiti?
Risolvere questi dubbi è fondamentale per realizzare il maggior numero possibile di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, evitando i contenziosi che potrebbero sorgere tra i produttori di energia e i Comuni.
Sul punto è intervenuto il Tar Lazio con la sentenza 3093/2025.
Il Comune ha negato l’autorizzazione perché la distanza tra l’impianto alimentato da rinnovabili e il centro abitato sarebbe stata inferiore a quella prescritta dal regolamento di igiene del Comune, che per gli inceneritori e le centrali termoelettriche (comprese quelle a biomassa e biogas prescrive):
- 2000 metri lineari dal centro abitato;
- 1000 metri lineari dai singoli edifici residenziali.
La società ha quindi presentato ricorso, impugnando il diniego e il regolamento comunale.
I giudici del Tar hanno sottolineato che le norme nazionali e regionali (D.lgs. 387/2003, DM 10 settembre 2010 del Mise e LR 16/2011) non impongono l’obbligo del rispetto di distanze minime tra rinnovabili e centri abitati, ma prevedono che le Regioni ed eventualmente i Comuni, previa delega, individuino le aree idonee alla realizzazione di tali impianti.
La prescrizione di limiti normativi generali, specialmente in relazione alle distanze minime tra rinnovabili e centro abitato, viola il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti rinnovabili.
Secondo il Tar, le uniche deroghe a tale principio sono consentite “in presenza di esigenze di tutela della salute, di necessità paesaggistico-ambientali o attinenti all’assetto urbanistico del territorio, tuttavia da valutarsi in concreto da parte della PA, all’esito di un procedimento amministrativo che ponderi i diversi interessi coinvolti”.
Dal momento che non c’è stata alcuna valutazione specifica e che il limite di distanza tra rinnovabili e centro abitato imposto dal Comune ha una portata generale, il Tar ha giudicato illegittimo il regolamento comunale e annullato il diniego dell’autorizzazione.
L’individuazione delle aree idonee compete alle Regioni, che devono attenersi ai criteri e ai limiti di potenza fissati dal decreto.
A dicembre la giurisprudenza è intervenuta per circoscrivere il ruolo dei Comuni nel determinare o limitare le aree idonee.
Il Tar Lombardia ha chiarito che i Comuni non possono limitare le aree idonee all’installazione degli impianti, ma solo disciplinare i profili edilizi inerenti all’installazione di tali impianti nelle aree idonee, con azioni che rispondano a criteri di rigorosa necessità e proporzionalità per non impedire, limitare o ostacolare l’installazione del fotovoltaico o di altri impianti sul territorio comunale.
Risolvere questi dubbi è fondamentale per realizzare il maggior numero possibile di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, evitando i contenziosi che potrebbero sorgere tra i produttori di energia e i Comuni.
Sul punto è intervenuto il Tar Lazio con la sentenza 3093/2025.
Il contenzioso sulla distanza rinnovabili dal centro abitato
Il caso è iniziato quando una società ha chiesto l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di un impianto di biogas alimentato a reflui zootecnici aziendali e biomasse vegetali, con potenza pari a 100 kw, da insediare nell’ambito del compendio agricolo.Il Comune ha negato l’autorizzazione perché la distanza tra l’impianto alimentato da rinnovabili e il centro abitato sarebbe stata inferiore a quella prescritta dal regolamento di igiene del Comune, che per gli inceneritori e le centrali termoelettriche (comprese quelle a biomassa e biogas prescrive):
- 2000 metri lineari dal centro abitato;
- 1000 metri lineari dai singoli edifici residenziali.
La società ha quindi presentato ricorso, impugnando il diniego e il regolamento comunale.
Le regole sulla distanza rinnovabili dal centro abitato
Il Tar Lazio, con la sentenza 3093/2025, ha spiegato che il Regolamento UE 2022/2577 ha come obiettivo la massima diffusione degli impianti da rinnovabili e ha ricordato che la Corte costituzionale ha ribadito il divieto di introdurre norme che possano vietare in modo generalizzato o limitare la localizzazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.I giudici del Tar hanno sottolineato che le norme nazionali e regionali (D.lgs. 387/2003, DM 10 settembre 2010 del Mise e LR 16/2011) non impongono l’obbligo del rispetto di distanze minime tra rinnovabili e centri abitati, ma prevedono che le Regioni ed eventualmente i Comuni, previa delega, individuino le aree idonee alla realizzazione di tali impianti.
La prescrizione di limiti normativi generali, specialmente in relazione alle distanze minime tra rinnovabili e centro abitato, viola il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti rinnovabili.
Secondo il Tar, le uniche deroghe a tale principio sono consentite “in presenza di esigenze di tutela della salute, di necessità paesaggistico-ambientali o attinenti all’assetto urbanistico del territorio, tuttavia da valutarsi in concreto da parte della PA, all’esito di un procedimento amministrativo che ponderi i diversi interessi coinvolti”.
Dal momento che non c’è stata alcuna valutazione specifica e che il limite di distanza tra rinnovabili e centro abitato imposto dal Comune ha una portata generale, il Tar ha giudicato illegittimo il regolamento comunale e annullato il diniego dell’autorizzazione.
Come si è evoluta la normativa sulla distanza rinnovabili dal centro abitato
Ricordiamo che la normativa è stata aggiornata con il Decreto “aree idonee” DM 21 giugno 2024 con cui l’Italia ottempera agli obblighi imposti dalla Direttiva europea 2018/2001/UE e dal Regolamento (UE) 2021/1119 che promuovono l’uso dell’energia da fonti rinnovabili e stabiliscono il quadro per il raggiungimento della neutralità climatica.L’individuazione delle aree idonee compete alle Regioni, che devono attenersi ai criteri e ai limiti di potenza fissati dal decreto.
A dicembre la giurisprudenza è intervenuta per circoscrivere il ruolo dei Comuni nel determinare o limitare le aree idonee.
Il Tar Lombardia ha chiarito che i Comuni non possono limitare le aree idonee all’installazione degli impianti, ma solo disciplinare i profili edilizi inerenti all’installazione di tali impianti nelle aree idonee, con azioni che rispondano a criteri di rigorosa necessità e proporzionalità per non impedire, limitare o ostacolare l’installazione del fotovoltaico o di altri impianti sul territorio comunale.