
Distanze tra edifici, intoccabile la normativa statale
NORMATIVA
Distanze tra edifici, intoccabile la normativa statale
Corte Costituzionale: possibili solo le deroghe ai regolamenti edilizi locali e ai piani regolatori comunali
Vedi Aggiornamento
del 15/07/2014
30/05/2011 - Vietata la deroga alle distanze minime previste dalla normativa nazionale. Lo ha affermato la CorteCostituzionale con l’ordinanza 173/2011 del 19 maggio scorso.
La Consulta, chiamata a esprimersi sulla Legge Regionale 12/2005 della Lombardia per il governo del territorio, così come modificata dalla L.R. 20/2005 per il recupero dei sottotetti, ha spiegato che le leggi regionali possono derogare solo ai parametri degli indici urbanistici ed edilizi contenuti nei regolamenti edilizi locali o nei piani regolatori comunali.
Devono invece essere rispettate le disposizioni del Codice Civile e del Decreto Ministeriale 1444/1968, che regola a livello nazionale la disciplina delle distanze tra fabbricati. La materia rientra infatti tra le competenze legislative esclusive dello Stato.
Analogamente, non si può derogare allo strumento urbanistico quando questo rimanda o riproduce norme di rango superiore, coma la legge urbanistica nazionale, L.1150/1942, e il DM 1444.
Secondo i giudici che hanno sollevato la questione di legittimità, le norme della Lombardia classificavano come ristrutturazione edilizia gli interventi per il recupero dei sottotetti senza prevedere l’adozione e l’approvazione di un piano attuativo, ammettendo allo stesso tempo deroghe ai limiti prescritti dallo strumento di pianificazione comunale. In questo modo sarebbero state violate le distanze previste dal piano regolatore generale, che recepiva l’articolo 9 del DM 1444.
I giudici hanno ricordato che la legge ammette distanze inferiori nel caso di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. Nel caso esaminato sarebbe invece mancata la visione di insieme per legittimare la deroga, ma sarebbero anche stati autorizzati incrementi volumetrici, che secondo il Testo Unico dell’edilizia, Dpr 380/2001, danno luogo a nuova costruzione, facendo venir meno l’ipotesi della ristrutturazione.
La Corte Costituzionale ha dato però ragione alla Regione Lombardia. A parere della Consulta, infatti, la questione di legittimità non è risultata fondata dal momento che gli aspetti contestati rientrano nell’ambito del governo del territorio e non in quello civilistico.
La Corte ha quindi riscontrato solo deroghe al Prg, ma non in tema di distanze.
La Consulta, chiamata a esprimersi sulla Legge Regionale 12/2005 della Lombardia per il governo del territorio, così come modificata dalla L.R. 20/2005 per il recupero dei sottotetti, ha spiegato che le leggi regionali possono derogare solo ai parametri degli indici urbanistici ed edilizi contenuti nei regolamenti edilizi locali o nei piani regolatori comunali.
Devono invece essere rispettate le disposizioni del Codice Civile e del Decreto Ministeriale 1444/1968, che regola a livello nazionale la disciplina delle distanze tra fabbricati. La materia rientra infatti tra le competenze legislative esclusive dello Stato.
Analogamente, non si può derogare allo strumento urbanistico quando questo rimanda o riproduce norme di rango superiore, coma la legge urbanistica nazionale, L.1150/1942, e il DM 1444.
Secondo i giudici che hanno sollevato la questione di legittimità, le norme della Lombardia classificavano come ristrutturazione edilizia gli interventi per il recupero dei sottotetti senza prevedere l’adozione e l’approvazione di un piano attuativo, ammettendo allo stesso tempo deroghe ai limiti prescritti dallo strumento di pianificazione comunale. In questo modo sarebbero state violate le distanze previste dal piano regolatore generale, che recepiva l’articolo 9 del DM 1444.
I giudici hanno ricordato che la legge ammette distanze inferiori nel caso di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. Nel caso esaminato sarebbe invece mancata la visione di insieme per legittimare la deroga, ma sarebbero anche stati autorizzati incrementi volumetrici, che secondo il Testo Unico dell’edilizia, Dpr 380/2001, danno luogo a nuova costruzione, facendo venir meno l’ipotesi della ristrutturazione.
La Corte Costituzionale ha dato però ragione alla Regione Lombardia. A parere della Consulta, infatti, la questione di legittimità non è risultata fondata dal momento che gli aspetti contestati rientrano nell’ambito del governo del territorio e non in quello civilistico.
La Corte ha quindi riscontrato solo deroghe al Prg, ma non in tema di distanze.