16/11/2017 - In calo i redditi medi delle attività professionali legate all’edilizia agli appalti pubblici: negli ultimi 10 anni (2006-2015) i redditi medi degli architetti sono calati del 23,5% e quelli degli ingegneri del 17%.
Questi alcuni dati messi in luce dal “
Rapporto 2017 sulle libere professioni in Italia”, curato dall'Osservatorio libere professioni di Confprofessioni e presentato ieri a Roma durante il Congresso nazionale dal titolo “Il professionista 4.0 - L'evoluzione delle competenze tra normativa e mercato”.
Redditi professionisti: male ingegneri e architetti bene i notai
Secondo il Rapporto, il
reddito medio nelle professioni ordinistiche si attesta oggi a
46 mila euro annui. Tuttavia, tra il 2006 e il 2015, le dinamiche reddituali sono molto eterogenee.
Ad esempio, si riscontra che dal 2006 al 2016 il
reddito degli architetti è passato da 30,3 mila euro a 23,2 mila euro. Deciso calo anche per gli ingegneri che passano, nello stesso periodo, da 42,3 mila euro a 35,1 mila euro.
Gli effetti della crisi economica che ha investito il Paese a partire dal 2008, si manifestano sulle professioni a scoppio ritardato: la crescita tendenziale registrata tra il 2006 e il 2010 s'inverte bruscamente tra il 2011 e il 2015,
interessando in particolare ingegneri, architetti e le altre professioni coinvolte nella crisi dell'edilizia e nel blocco degli appalti pubblici.
Nonostante il calo dei redditi
farmacie e studi notarili sono le uniche professioni che
si pongono mediamente sopra i 100mila euro (aiutate dal fatto che sono parzialmente colpite dalle liberalizzazioni del mercato) anche se crescono i ricavi per dentisti, studi medici, commercialisti e consulenti del lavoro (con redditi che variano tra i 60-50 mila euro). I professionisti italiani ‘più ricchi’ sono i notai che, pur avendo riscontrato un deciso calo dei redditi, mantengono un livello elevato: nel 2015 hanno registrato un reddito medio di 244 mila euro (rispetto ai 478 mila euro del 2006).
Il divario di genere in termini reddituali varia e
penalizza la popolazione femminile. Tra i periti industriali e gli avvocati le donne guadagnano circa la metà dei colleghi maschi.
Professionisti: in Italia il numero cresce
Il Rapporto evidenzia come, nonostante gli anni della crisi economica,
il settore delle libere professioni sia l'unico comparto a crescere nell'ambito del lavoro indipendente. In termini dimensionali, l’Italia conta 24 liberi professionisti ogni mille abitanti e il loro numero aumenta a un ritmo di oltre il 22%.
Ogni anno, cioè, oltre
250 mila persone scelgono la strada della libera professione, che in Italia è diventata un vero e proprio “polmone” del mercato del lavoro confermandosi come un segmento “anticiclico” dell'occupazione.
Nel 2016 gli
architetti sono cresciuti del 7% mentre gli ingegneri del 5% anche se la professione che registra la maggiore crescita è quella degli avvocati.
Secondo il sociologo e politologo Paolo Feltrin, che ha curato il Rapporto 2017 di Confprofessioni, “l'Italia sta percorrendo lo stesso sentiero evolutivo del resto dell'Europa, caratterizzato da una
crescita sostenuta del numero di liberi professionisti,
sia nelle professioni ordinistiche che nelle professioni non ordinistiche. Questa crescita è più accentuata nei Paesi e nelle regioni con il Pil più elevato”.
Professionisti: le differenze regionali e di genere
A livello regionale il divario territoriale è rilevante e sono
le regioni del Nord a mostrare la maggior densità di professionisti: si passa da 30 professionisti per mille abitanti in Emilia Romagna a 14 in Calabria.
Tra il 2009 e il 2015, osserva il Rapporto 2017, il numero di liberi professionisti cresce con maggiore intensità in quelle
economie regionali dove il Pil pro capite è maggiore.
Il Rapporto 2017 di Confprofessioni registra un marcato gap di genere, dove prevale la componente maschile:
due terzi dei professionisti sono uomini, mentre le donne costituiscono il 37% del collettivo al Centro Nord, percentuale che si riduce al 30% nelle regioni del Mezzogiorno.