
Bonus facciate, come ci si regola dove i piani non hanno zone A e B?
RISTRUTTURAZIONE
Bonus facciate, come ci si regola dove i piani non hanno zone A e B?
Il Sottosegretario all’Economia risponde a chi chiede di individuare in maniera ufficiale le equipollenze
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del 13/01/2021

28/02/2020 - Nei Comuni in cui gli strumenti di piano non fanno riferimento a zone A e zone B l’Amministrazione finanziaria valuterà “sulla base delle peculiarità del caso concreto” se il bonus facciate spetta o non spetta.
Anche perché “l’emanazione di tavole di raccordo finalizzate ad individuare le equipollenze delle zone A e B a quelle attualmente classificate con sigle differenti da parte degli enti locali esula dalle competenze dell’Amministrazione finanziaria”.
Così il sottosegretario di Stato per l’Economia e le finanze, Alessio Mattia Villarosa, ha risposto all’interrogazione posta dai deputati PD Gian Mario Fragomeli e Chiara Braga al question time di mercoledì scorso alla Camera.
L’Agenzia delle Entrate - ha proseguito il deputato - “afferma che è possibile riferirsi a zone assimilabili alle categorie A o B, specificando che tale assimilazione ‘dovrà risultare dalle certificazioni urbanistiche rilasciate dagli enti competenti’.
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Sembrerebbe tutto chiaro. E invece no, perché “in alcuni piani urbanistici predisposti dalle amministrazioni comunali - spiega Fragomeli - non vi è alcun riferimento alle zone A o B sostituite, invece, da altre sigle. Nella regione Lombardia, ad esempio, i piani delle regole (Pdr) più recenti, utilizzano il concetto di tessuto urbano consolidato (Tuc) del territorio che ha sostituito il lessico originario della zonizzazione; in questo caso si parla di aree P1, considerate non completate e quindi escluse dal bonus facciate e di aree P2 coincidenti con le zone che in altre regioni danno diritto al bonus”.
Come uscirne? Secondo il deputato “al fine di applicare il bonus facciate in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, è necessario predisporre una ricognizione urbanistica per individuare in maniera ufficiale le equipollenze”.
Anche perché “l’emanazione di tavole di raccordo finalizzate ad individuare le equipollenze delle zone A e B a quelle attualmente classificate con sigle differenti da parte degli enti locali esula dalle competenze dell’Amministrazione finanziaria”.
Così il sottosegretario di Stato per l’Economia e le finanze, Alessio Mattia Villarosa, ha risposto all’interrogazione posta dai deputati PD Gian Mario Fragomeli e Chiara Braga al question time di mercoledì scorso alla Camera.
Bonus Facciate, che si fa dove i piani non hanno zone A e B?
Fragomeli, illustrando il quesito, ha ricordato che il bonus facciate spetta per gli interventi di recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in zona A o B, ai sensi del DM 1444/1968. In particolare - ha sottolineato -, la zona A è spesso identificata con l’ambito storico del comune e la zona B è associata agli ambiti residenziali; la legge esclude dall’agevolazione gli immobili situati nelle zone C, le ‘aree di espansione urbanistica’.L’Agenzia delle Entrate - ha proseguito il deputato - “afferma che è possibile riferirsi a zone assimilabili alle categorie A o B, specificando che tale assimilazione ‘dovrà risultare dalle certificazioni urbanistiche rilasciate dagli enti competenti’.
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Sembrerebbe tutto chiaro. E invece no, perché “in alcuni piani urbanistici predisposti dalle amministrazioni comunali - spiega Fragomeli - non vi è alcun riferimento alle zone A o B sostituite, invece, da altre sigle. Nella regione Lombardia, ad esempio, i piani delle regole (Pdr) più recenti, utilizzano il concetto di tessuto urbano consolidato (Tuc) del territorio che ha sostituito il lessico originario della zonizzazione; in questo caso si parla di aree P1, considerate non completate e quindi escluse dal bonus facciate e di aree P2 coincidenti con le zone che in altre regioni danno diritto al bonus”.
Come uscirne? Secondo il deputato “al fine di applicare il bonus facciate in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, è necessario predisporre una ricognizione urbanistica per individuare in maniera ufficiale le equipollenze”.