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Firmato il Dl Sviluppo, modifiche per spiagge e paesaggio

Firmato il Dl Sviluppo, modifiche per spiagge e paesaggio

Scendono a 20 anni le concessioni su coste e arenili, dopo 90 giorni le autorizzazioni con silenzio-assenso

Vedi Aggiornamento del 31/05/2011
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 31/05/2011
13/05/2011 - Varato il decreto “sviluppo”. Prima della firma del Capo dello Stato, il testo ha subito qualche modifica nella durata delle concessioni sugli arenili e in materia di appalti. È intanto iniziato il confronto sulla portata delle misure anticrisi, che se per alcuni esponenti politici appaiono limitate, per altri rappresentano solo l’inizio di una strategia più ampia.
 
Spiagge
Scende da 90 a 20 anni la durata di concessioni e diritto di superficie sugli arenili. La durata di 90 anni dei diritti di superficie sulle coste avrebbe contrastato infatti col diritto comunitario. La Commissione Europea nei giorni scorsi si era detta sorpresa di una simile impostazione normativa visto che l’Italia aveva già subito una procedura di infrazione a causa della disciplina attuale, che prevede una durata della concessione di sei anni, automaticamente rinnovabili.
 
Secondo Bruxelles, la durata dei diritti dei privati sulle coste deve essere appropriata e predeterminata. La possibilità di rinnovo automatico si scontrerebbe quindi con i principi della concorrenza e del libero accesso al mercato da parte degli operatori comunitari.
 
Dello stesso avviso si è mostrato nei giorni scorsi il Partito Democratico, che aveva proposto il varo di una apposita norma in grado di risolvere la procedura di infrazione avviata.
 
Ha difeso l'impostazione di fondo il Governo. Secondo il Ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani, la norma garantirà la tutela della qualità.
 
Appalti
Raddoppia da 45 a 90 giorni il termine entro cui le Soprintendenze devono esprimere il proprio parere per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica e oltre il quale, nei Comuni che hanno recepito le prescrizioni del piano paesaggistico regionale, scatta il silenzio assenso.

Secondo il Partito Democratico, il dl non avvia le riforme necessarie al rilancio dell’economia e limita la concorrenza elevando le soglie per l’affidamento degli appalti con trattativa privata.
 
Per il Pd, avrebbero dovuto essere stralciate dal testo del decreto le norme sui contratti pubblici. La riforma del Codice Appalti dovrebbe invece avvenire con legge ordinaria. Tra le altre proposte spiccano l’eliminazione delle gare al massimo ribasso, l’aumento delle soglie per la procedura negoziata, garantendo però la pubblicità, e la cancellazione del tetto alle riserve. Che dovrebbe essere sostituito con criteri oggettivi per la valutazione sulla qualità del progetto e la reputazione delle imprese. Il miglioramento dell’efficienza degli appalti potrebbe infine passare attraverso la riduzione e maggiore qualificazione delle Stazioni Appaltanti pubbliche e private.
 
Fiducioso sull’impatto della nuova norma il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Roberto Castelli, che nel decreto vede solo l’inizio di una riforma più ampia per la riduzione dei costi degli appalti, la concentrazione delle risorse su poche priorità strategiche e il coinvolgimento dei capitali privati. Nel nuovo sistema, il consenso sulle grandi opere non dovrebbe essere basato solo sulle opere compensative. Allo stesso tempo il Cipe dovrebbe definire uno schema di convenzione valido per tutti, con ripercussioni positive in termini di tempi e costi. Alcune di queste misure potrebbero trovare spazio negli emendamenti al ddl di conversione.
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