24/09/2014 - “O si capisce che l'edilizia è il motore della ripresa o tutti pagheremo per questa miopia culturale che continua a caratterizzare il confronto nazionale”. Ha esordito con queste parole all’Assemblea Generale di
Assimpredil Ance, l'associazione delle imprese di costruzione delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, il presidente Claudio De Albertis.
Fotografando la situazione di crisi che caratterizza il settore edile, il
presidente Claudio De Albertis ha affermato che gli ultimi provvedimenti legislativi tentano di risolvere le criticità segnalate, ma non hanno ancora messo a punto una visione strategica complessiva che permetta di delineare una incisiva politica di rilancio.
È il caso, sottolinea De Albertis, del decreto
Sblocca Italia, che non convince gli operatori del settore perché disattende le aspettative che aveva alimentato, non apportando grandi soluzioni in termini di semplificazione e riduzione degli oneri in capo alle imprese.
La posizione di Assimpredil Ance Lombardia ricalca quella
espressa nei giorni scorsi dal Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (CNAPPC) secondo il quale il progetto iniziale è stato modificato dopo aver "sbattuto contro il muro della burocrazia conservatrice". Il CNAPPC ha infatti chiesto di
reintrodurre il regolamento edilizio unico nella fase di conversione in legge.
Secondo De Albertis bisogna capire che l’Italia è a un bivio. Si può accettare la
scomparsa delle medie imprese edili, cancellate da grandi imprese anche internazionali, oppure giocare una nuova sfida sull'innovazione e la qualità del prodotto.
Considerando che dal 2005 ad oggi, in Italia, il numero di permessi di costruire è calato più del 60%, che c’è il forte rischio di assistere a un disinvestimento pubblico in infrastrutture e che ciclo recessivo 2008-2013 c’è stata una perdita di circa un quinto del PIL, l’unica soluzione per De Albertis è concentrarsi sulle
opportunità fornite dalla crisi. Le costruzioni possono avere infatti un nuovo ruolo nella riqualificazione del territorio, nell’efficientamento energetico del costruito e nella
green economy. Ma non solo, perché la nuova attenzione su scuole, dissesto idrogeologico e sicurezza antisismica potrebbe offrire buoni potenziali di sviluppo.
Ma a gravare sulle costruzioni è anche il problema dei pagamenti alle imprese. Secondo le stime della
Cgia Mestre la realtà non corrisponderebbe agli annunci del Governo. Come affermato dal Segretario della CGIA,
Giuseppe Bortolussi, “tra il 2013 e il 2014 gli ultimi Esecutivi hanno messo a disposizione 56,8 miliardi di euro. Al 21 luglio scorso sono stati pagati 26,1 miliardi. Pertanto, l’incidenza dei pagamenti effettuati sul totale dei soldi messi a disposizione è pari al 46%. Stando alle affermazioni rilasciate la settimana scorsa dal ministro Padoan, la Pa, dal 21 luglio ad oggi, avrebbe pagato altri 5/6 miliardi. Se li aggiungiamo ai precedenti, entro il 21 settembre dovrebbero essere stati onorati 32 miliardi di euro circa, ovvero il 56,3% delle risorse messe a disposizione".
Secondo la Cgia Mestre, però, il problema “non è quanto la Pa ha pagato sul totale dei soldi messi a disposizione, ma quanti soldi sono stati dati alle aziende sull’ammontare complessivo del
debito contratto dallo Stato nei confronti delle imprese”. Si tratta di un dato di cui, sostiene la Cgia Mestre, il Governo non è a conoscenza perché le uniche stime sarebbero state condotte dalla Banca d’Italia.
Per la Cgia Mestre, “al 31 dicembre 2013 i debiti commerciali in capo all’Amministrazione pubblica ammonterebbero a poco più di 75 miliardi di euro. Se a questo importo si sottraggono gli 8,4 miliardi di euro che l’anno scorso sono stati ceduti agli intermediari finanziari, lo stock dovrebbe essere pari a 66,6 miliardi di euro. Se da questi ultimi si stornano i 32 miliardi che presumibilmente la Pa ha pagato entro il 21 settembre, le imprese ne avanzano altri 35 circa”.
Alle accuse della Cgia Mestre
Palazzo Chigi ha risposto che lo Stato non è in grado di avere una fotografia certa dei debiti cui deve fare fronte. Per questo motivo, la fatturazione elettronica introdotta a giugno sarà in grado di determinare l’impegno preso dallo Stato nei confronti dei suoi creditori.
In primo luogo, sottolinea il Governo, “abbiamo realizzato il sistema che permetterà di controllare se tutti gli enti centrali pagano a 30 giorni e lo strumento verrà esteso anche alle amministrazioni locali. In secondo luogo “tutti i soggetti che hanno un credito verso la PA sono oggi - grazie all'accordo tra Governo, banche e CDP - in condizione di essere pagati anche se devono sottostare a una procedura che prevede la certificazione del credito. Se l'operazione è complicata dal punto di vista procedurale, il concetto è molto semplice. Entro il 21 settembre abbiamo messo a disposizione i soldi per
pagare tutti i debiti di parte corrente”.
“Rimangono fuori da questo computo - si legge nella nota di palazzo Chigi - solo quella quota parte di debiti della PA su investimenti (stimati tra i due e i tre miliardi di euro) per i quali i soldi ci sono, ma il problema è il rispetto del 3% sul deficit”.
Alla risposta del Governo ha fatto seguito quella dell’
Ance. Secondo il presidente,
Paolo Buzzetti, “gli imprenditori delle costruzioni non possono essere considerati di serie B. Se l’impegno del Governo è di pagare tutti non si può escludere un unico settore industriale a causa dei vincoli del patto di stabilità”.
Buzzetti ha quindi chiesto che il Governo indichi come intende procedere per risolvere anche questa parte del problema.