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Il progetto di paesaggio come risposta alle sfide climatiche

Il progetto di paesaggio come risposta alle sfide climatiche

Paesaggisti, urbanisti ed architetti firmano la Dichiarazione di Matera: un’alleanza per l’ambiente, il territorio e le comunità

Vedi Aggiornamento del 24/01/2025
Jardin des Migrations, Marseille - Foto © Spassky Fischer tratta da: www.mucem.org/
Jardin des Migrations, Marseille - Foto © Spassky Fischer tratta da: www.mucem.org/
di Rosa di Gregorio
Vedi Aggiornamento del 24/01/2025
14/05/2019 - La trasformazione dei paesaggi mediterranei e la loro fragilità a causa dei cambiamenti climatici e dei processi di abbandono; i paesaggi che esprimono molto bene l’attuale situazione di incertezza sociale ed economica.
 
Sono stati i temi del convegno nazionale “Mediterranea - Paesaggi Prossimi” che si è svolto lo scorso 10 maggio a Matera, promosso dall’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio (AIAPP), una articolata giornata di studio con lectio magistralis e panoramiche progettuali su quattro macro-temi: campagna felix, intelligent water management, paesaggi ludici e il progetto di mobilità dolce.
 

Il paesaggio agrario italiano è ancora una ‘campagna felix’?

L’esigenza di abbandonare il modello di agricoltura industrializzata ormai non più sostenibile, in quanto causa di una continua perdita e diminuzione della risorsa terra, e al contempo l’importanza di recuperare l’eredità storica di uso e cura del paesaggio agrario cosi come tramandato, sono state i punti chiave della lectio magistralis dello scrittore e saggista Piero Bevilacqua, sul paesaggio della biodiversità e i sistemi agrari italiani.
 
Su questo filone il prof. Giuseppe Barbera ha parlato di antropocene, ovvero l’epoca geologica attuale, nella quale all’essere umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche. Nell’era dell’antropocene il concetto di natura è stato dirottato da risorsa verso il significato di limite. La natura si ribella agli interventi impattanti dell’uomo, a quella visione riduzionista tutta occidentale che ha dato l’illusione di poter assoggettare a proprio piacere la natura rendendo l’uomo incapace di guardare ad essa come un sistema, ha detto Barbera: “bisognerebbe ora più che mai interporre il concetto di ‘agroecologia’ ovvero un cambiamento di paradigma che lascia il riduzionismo per abbracciare la complessità, la visione di sistema”.
 
Qual è dunque il ruolo del paesaggista e come leggere la dimensione mediterranea? È possibile “coltivare” i luoghi storici? Queste sono le domande che ha posto Tessa Matteini, docente di architettura del paesaggio. Ha dato risposta agli interrogativi mettendo in risalto, attraverso esempi, il ruolo chiave ed interpretativo del progetto contemporaneo di paesaggio, come il Jardins des Migrations a Marsiglia un progetto di ispirazione e riflessione sulla migrazione delle piante sempre più verso nord a causa dei cambiamenti climatici che spostano il bacino mediterraneo sempre più verso il nord Europa mentre assistiamo nell’area mediterranea alla crescente perdita di specie native e la sostituzione e convivenza con specie esotiche.
 

Risorsa acqua, dallo spreco alla gestione intelligente

“L’acqua è dappertutto prima che sia da qualche parte; l’acqua che è nella pioggia prima che sia nei fiumi, si assorbe prima che scorra, si diffonde prima che si raccolga, sfuma prima che si chiarisca; acqua effimera, transitoria, incerta, interstiziale, caotica, onnipresente” (Nuradha Mathur e Dilip Da Cunha (2014), Design in the Terrain of Water, Applied Research & Design).
 
Quali sono attualmente i mezzi a disposizione per salvaguardare questa risorsa rispetto alle sfide climatiche? Con i cambiamenti climatici, cambia il progetto di paesaggio? Partendo da questi interrogativi, la prof.ssa Maria Valeria Mininni, il prof. Gianni Celestini e il paesaggista Jean Marc Bouillon hanno portano l’uditorio ad un’interessante riflessione sulla risorsa acqua, tema principale della sessione “Intelligent water management”.
 
L’acqua da sempre è stato elemento strutturante del paesaggio, una trama storica e geografica, “l’acqua non ha forma ma dà forma al paesaggio”. Oggi assistiamo sempre più frequentemente a fenomeni legati all’acqua sempre più straordinari e devastanti allo stesso tempo, dove la natura attacca le città e sembriamo strutturalmente incapaci e impreparati a reagire a questi eventi insoliti.
 
Ma sono proprio insoliti e straordinari? Ha chiesto il prof. Celestini. “Ciò che chiamiamo natura è ciò che è perturbante, nel XIX secolo si credeva che la natura poteva salvare la città, ora dobbiamo salvare la natura che al contempo può essere la nostra salvezza”. Urge la necessità di non leggere più il binomio terra e acqua come conflitto ma bensì come coesistenza. Il progetto di paesaggio è chiamato a non essere finito, ma mutabile, deve prevedere al suo interno l’imprevedibilità, il progetto di paesaggio deve raccontare forme di mutamento poiché il paesaggio non teme il cambiamento essendo esso stesso un suo dato strutturale.
 
La diffusione della cultura che il progetto di paesaggio sia essenziale per le nostre città e che vada considerato in anticipo rispetto alla programmazione e non oltre, è stato fortemente sottolineato dal paesaggista Bouillon nella sua lectio magistralis. Condividendo il suo progetto ‘Takahe Conseil’, ha sottolineato che bisogna ricollegare la città all’ecosistema e bisogna ristrutturare la città in modo che la natura sia un elemento costitutivo di essa, Il paesaggio non può essere più visto come abbellimento della città ma bensì come suo elemento costitutivo e parte fondamentale, il paesaggio come ecosistema al servizio dei quartieri, siano essi urbani, industriali o commerciali in grado di essere un nuovo sistema immunitario delle nostre  città che sappia gestire la risorsa acqua, frenare il surriscaldamento e innescare processi di disinquinamento dell’aria.
 

La città contemporanea: spazi democratici, condivisi, per tutti

“Il gioco è la forma più alta di ricerca” diceva Albert Einstein. “Cosa serve dunque per giocare?”, ha chiesto il pedagogista e ideatore della città delle bambine e dei bambini Francesco Tonucci: “autonomia, tempo libero e uno spazio adeguato. Se si aiuta i bambini ad avere autonomia, saranno in grado di trovare gli altri due elementi”.
 
“Una città democratica è una città che concede il gioco, giocare non si può coniugare con accompagnare ma solo con lasciare, una città vale molto se permette molto, ovvero lascia andare”, ha aggiunto il pedagogo. Ma la città contemporanea rende i bambini autonomi? Il progetto degli spazi della città, paradossalmente deve seguire regole di messa in sicurezza, ma gli spazi della città - secondo il pedagogo - devono permettere dei rischi. La città contemporanea ha perso la dimensione dello spazio del gioco, della libertà, del divertimento, bisogna riappropriarsi di qualsiasi centimetro di superficie che permetta socialità e condivisione, il gioco e le strade devono essere elementi inclusivi della città.
 
Attraverso la presentazione di progetti degli spazi ludici come invito al gioco, la prof.ssa Anna Lambertini e il prof. Manfredi Leone hanno spiegato esaustivamente il concetto di città ludica: spazi urbani fluidi, catalizzatori di energie multietniche e intergenerazionali, per giocare, per esplorare, per muoversi in libertà e sicurezza, per favorire lo sviluppo cognitivo e psico-motorio dei bambini; isole ambientali di controllo microclimatico e qualità dell’aria e dell’acqua; luoghi pensati e per rispondere alle aspettative e alle esigenze dei più giovani che sono anche i più vulnerabili; città amiche dei bambini e degli adolescenti e attraverso loro delle loro famiglie (Gridgrounds di Openfabric ad Amsterdam, Pixel Art di ciclostile studio, il SOU di Favara).
 

La mobilità (lenta) non è solo un’infrastruttura ma un paesaggio lineare

Nel progetto della mobilità, le strade dovrebbero essere viste come progetto di paesaggio: la strada non è una linea che unisce due punti ma è uno spazio, un posto, che viene attraversato. La strada è un luogo simbolico che non parla solo di collegamenti geografici ma che ci racconta di popoli, storie e relazioni. Una cerniera tra paesaggi che costituisce ponti tra le persone e che mette in relazione le economie e ci porta a nuove forme di sviluppo.
 
Cosi Maurits Lopes Cardozo (bike-minded design consulting) nella sua lectio magistralis e Giulio Senes, presidente della European Greenways Association, hanno parlato del progetto di mobilità raccontando il primo l’esperienza dei Paesi Bassi, ormai nazione leader mondiale per la mobilità ciclistica, e il secondo la rete delle greenways europee.
 
 
“Il progetto della mobilità è una grande opportunità per il recupero del patrimonio storico infrastrutturale dismesso, sempre più il recupero di vecchie infrastrutture può rispondere ad nuova domanda sociale” ha concluso Giulio Senes.
 

Visioni future: nuove sfide e nuove opportunità

Il convegno ha fornito nuovi input e nuovi interrogativi, lanciato nuove sfide e posto l’accento su una figura e una professione ancora troppo secondaria in Italia, rispetto al resto d’Europa, che è quella del paesaggista: si pensi che ad oggi ancora molti bandi di gara su temi paesaggistici non prevedono tra i requisiti di ordine tecnico, la figura professionale del paesaggista.
 
Emerge che molto bisogna ancora fare, ma i tempi della natura rituonano fragorosamente, l’attesa non è più accettabile, bisogna pensare ed intervenire in maniera coscienziosa e corretta su questi importanti temi.
 
Consci di questa emergenza, tutte le associazioni ed enti che hanno aderito all’iniziativa a conclusione dei lavori hanno firmato la Dichiarazione di Matera, dichiarando che il paesaggio è patrimonio naturale e culturale diffuso e consolidato dei territori e delle popolazioni, “bene comune” e leva di un responsabile e rinnovato sviluppo economico sostenibile dell’Italia.
 
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