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DL Semplificazioni, limiti alla rigenerazione urbana nei centri storici

DL Semplificazioni, limiti alla rigenerazione urbana nei centri storici

La demolizione e ricostruzione nelle zone A e assimilate sarà consentita solo con piani di recupero e riqualificazione particolareggiati. Critiche da Ance, Legambiente e IN/ARCH

Vedi Aggiornamento del 06/02/2025
Foto: www.senato.it
Foto: www.senato.it
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 06/02/2025
03/09/2020 - Il confronto sul Decreto Semplificazioni si chiude con una stretta sulla rigenerazione urbana nei centri storici.
 
Al termine della votazione sugli emendamenti al ddl di conversione, è stata confermata la visione più restrittiva, già contenuta nel decreto legge, che impone vincoli a prescindere dal valore storico-artistico dell’edificio.
 

Demolizione e ricostruzione, i limiti nelle zone A

È stato approvato, e confluirà nel testo definitivo del disegno di legge, l’emendamento proposto dalla senatrice Leu, Loredana De Petris. Il testo prevede dei limiti alla rigenerazione urbana nelle zone omogenee A, individuate dal DM 1444/1968, o a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nei nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico. In queste zone, gli interventi di demolizione e ricostruzione saranno consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale.
 
Non è quindi passata l’idea, portata avanti dal PD, di circoscrivere i limiti alla demolizione e ricostruzione solo agli edifici di pregio, semplificando invece la sostituzione edilizia per tutti quegli edifici che, pur trovandosi in un centro storico, non hanno alcun valore, ma sono talvolta abbandonati all’incuria.
 

Demolizione e ricostruzione fuori dalle zone A

I limiti imposti alle zone A sono in controtendenza con l’obiettivo di favorire le demolizioni e ricostruzioni. Fuori dai centri storici, e per edifici non sottoposti a vincolo, il ddl Semplificazioni introduce infatti delle modifiche all’articolo 2-bis, comma 1-ter del Testo Unico dell’edilizia (DPR 380/2001) consentendo la demolizione e ricostruzione nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti anche nei casi in cui le dimensioni del lotto non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime.
 
Ai sensi del Ddl Semplificazioni, la ricostruzione può avvenire anche con un ampliamento volumetrico fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti.
 
Il ddl ridefinisce la ristrutturazione edilizia data dal Testo Unico, che comprenderà gli “interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”. 
 

Demolizioni e ricostruzioni, delusione sui limiti per le zone A

Nei giorni scorsi, l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha espresso dure critiche sui limiti alle demolizioni e ricostruzioni nelle zone A, considerati colpevoli di condannare le città al degrado. Il presidente, Gabriele Buia, ha lamentato che, in questo modo, non sarà consentita la trasformazione delle aree dismesse e la sostituzione degli edifici fatiscenti.
 
In un twit, il vicepresidente nazionale di Legambiente, Edoardo Zanchini, ha affermato che le misure contenute nel ddl Semplificazioni sono “il contrario di quello di cui avrebbe bisogno il Paese”. I limiti alle demolizioni e ricostruzioni potrebbero, a suo avviso, pregiudicare la rigenerazione di ampie parti di territorio, soprattutto nelle grandi città.
 
Con un post su Facebook, Francesco Orofino, segretario generale di IN/ARCH - Istituto nazionale di Architettura, ha bollato l’emendamento come “scandaloso” e “uno dei più feroci attacchi contro l'architettura che il legislatore abbia mai fatto in Italia”. La norma metterebbe una “pietra tombale sui processi di rigenerazione urbana nella città consolidata”, dove, segnala Orofino, “sono presenti brutti edifici frutto della speculazione degli anni '60, '70, '80”.
 
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