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Equo compenso, i giudici scelgono l’approccio dell’equo ribasso

Equo compenso, i giudici scelgono l’approccio dell’equo ribasso

I contenziosi sui compensi dei professionisti iniziano ad essere risolti sulla base delle indicazioni fornite nel Correttivo del Codice Appalti

Vedi Aggiornamento del 20/03/2025
Equo compenso o equo ribasso - Foto: radakaran 123RF.com
Equo compenso o equo ribasso - Foto: radakaran 123RF.com
di Paola Mammarella
Vedi Aggiornamento del 20/03/2025
29/01/2025 - L’equo compenso nelle gare di progettazione si trasforma in equo ribasso. Almeno secondo il Consiglio di Stato, che con una recente sentenza ha messo la parola fine a un contenzioso sorto nell’ambito di una gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva, con opzione della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza relativa ai lavori di adeguamento antincendio e sismico di alcuni ospedali del Veneto.
 
Anche se la gara è stata bandita ai sensi del codice Appalti del 2016, gli sviluppi normativi, le considerazioni e i dubbi sull’equo compenso hanno influito sulle decisioni dei giudici.
 

Equo compenso e gare di progettazione

Lo scorso aprile, il Tar Veneto, con la sentenza 632/2024, si è pronunciato sul contenzioso nato perché un raggruppamento di professionisti aveva proposto offerte economiche con ribassi sui compensi.
 
Il Tar, all’epoca, ha concluso che i compensi non sono ribassabili, escludendo il raggruppamento che aveva presentato un’offerta non compatibile con le regole sull’equo compenso.
 
Per avere un quadro più chiaro della situazione, bisogna ricordare che ad aprile, cioè quando il Tar ha preso la sua decisione, si dibatteva ancora sulla possibilità di applicare il principio dell’equo compenso, sancito dalla Legge 49/2023, alle gare d’appalto.
 
Sull’argomento circolavano due idee contrapposte: la prima era che l’equo compenso fosse un principio insindacabile e quindi valido anche nelle gare d’appalto, la seconda era che l’equo compenso potesse falsare la concorrenza, risultando quindi inadatto all’ambito delle gare.
 
Il Tar Veneto ha aderito alla prima corrente di pensiero e affermato che l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere il raggruppamento.
 

Il compromesso sull’equo compenso nelle gare di progettazione

Il raggruppamento di imprese ha presentato appello al Consiglio di Stato. Nel frattempo, il panorama normativo ha iniziato a cambiare perché a ottobre 2024 ha fatto la sua comparsa il Correttivo del Codice Appalti, entrato poi in vigore il 31 dicembre 2024.
 
 
Tra gli argomenti affrontati nel Correttivo c’è proprio l’equo compenso. I giudici del CdS, con la sentenza 594/2025, hanno tenuto conto del nuovo approccio di compromesso contenuto nel Correttivo.
 
Ricordiamo che, in base al Correttivo, nei contratti di importo inferiore a 140mila euro, l’Amministrazione può ridurre i corrispettivi fino al 20%, garantendo un minimo dell’80% del corrispettivo previsto. Nei contratti di importo superiore a 140mila euro, per il 65% dell’importo posto a base di gara l’elemento relativo al prezzo è fisso, quindi i professionisti possono competere in termini di qualità, mentre per il restante 35% i concorrenti possono offrire un ribasso.
 
Si tratta, secondo i giudici, di un approccio che sancisce “l’equa ribassabilità del compenso dei professionisti”.
 
Dalle spiegazioni fornite nella sentenza, emerge che il CdS, anche senza l’avvento del Correttivo, avrebbe sposato l’orientamento in base al quale l’equo compenso nelle gare pubbliche ostacola la concorrenza.
 
Secondo i giudici, infatti, la ratio della Legge 49/2023 sull’equo compenso è tutelare i professionisti nei confronti dei committenti forti, come banche e assicurazioni. Al contrario, applicare l’equo compenso alle gare d’appalto “mortificherebbe la ratio proconcorrenziale che permea la contrattualistica pubblica, relegando il confronto competitivo ad uno spazio sostanzialmente virtuale sulle voci per spese e oneri accessori relegando il confronto competitivo ad uno spazio sostanzialmente virtuale sulle voci per spese e oneri accessori”.
 
Sulla base di queste argomentazioni, il CdS ha giudicato legittimo il comportamento dell’Amministrazione che non aveva escluso il raggruppamento.
 
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