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Nucleare, la Consulta respinge i ricorsi delle Regioni

Nucleare, la Consulta respinge i ricorsi delle Regioni

Prestigiacomo: subito l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare. Legambiente: italiani contrari all’atomo

Vedi Aggiornamento del 24/03/2011
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 24/03/2011
25/06/2010 - La Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi presentati da dieci Regioni contro la legge che reintroduce in Italia la produzione di energia da fonte nucleare.
 
Ad impugnare la Legge 99/2009 che ha conferito al Governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia sono state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise. Anche il Piemonte si era rivolto alla Consulta, ma la nuova giunta guidata dal leghista Roberto Cota ha deciso di ritirare il ricorso.
 
Numerosi i profili di illegittimità della legge delega lamentati dalle Regioni. Al Governo sono state contestate:
- l’assenza di intesa con le Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali;
- i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo del Governo in caso di mancato accordo;
- la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione;
- la procedura che prevede un’autorizzazione unica (e non a livello locale) sugli impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe.
 
Ma i giudici costituzionali non hanno condiviso le osservazioni delle Regioni; dalla lettura delle motivazioni della sentenza si comprenderà quali siano le competenze che la Consulta ha ritenuto prevalenti nel settore del nucleare, alla luce della riforma del titolo V della Costituzione. La tutela dell’ambiente e della salute sono infatti di competenza statale, mentre l’energia e il governo del territorio sono di competenza concorrente delle Regioni.
 
Questa sentenza non sarà comunque la parola definitiva della Consulta sul nucleare: oltre che sulla legge delega, i giudici costituzionali dovranno pronunciarsi anche sul decreto n. 31 del 15 febbraio 2010, nel frattempo impugnato da Emilia Romagna, Toscana e Puglia (leggi tutto).
 
 
“La decisione della Corte Costituzionale di rigettare l’impugnativa delle Regioni sulla legge delega per il nucleare fuga ogni dubbio sulla legittimità della impostazione del Governo su questo tema chiave per lo sviluppo del Paese”, ha commentato il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, aggiungendo di aver affrontato il tema con il premier Berlusconi e di avergli chiesto di accelerare le procedure per l’avvio dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare.
 
“Ora bisogna andare avanti senza indugio - ha aggiunto Prestigiacomo - per definire le scelte concrete da adottare, i costi e i benefici per i territori e per il Paese. Credo sia oggi ancora più valida la proposta di un tavolo di confronto concreto de-ideologizzato che consenta di affrontare uno snodo dello sviluppo del paese come quello del ritorno al nucleare non cercando impossibili unanimità ma la piena consapevolezza di tutti in materia di sicurezza, ambiente, costi e bilancio energetico. Sgombrando il campo sia da allarmismi ingiustificati che da facili entusiasmi”.
 
“Questa sentenza non cambia la sostanza: la quasi totalità delle Regioni italiane, governate dal centro destra e dal centro sinistra, e la maggior parte dei cittadini non vogliono sentir parlare di ritorno al nucleare”. Questo è invece il commento di Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente.
 
“Il Governo abbia il coraggio, dopo tante parole, di passare ai fatti: definisca gli assetti dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, valuti i progetti presentati dalle aziende energetiche, tiri fuori i nomi delle località che ospiteranno le centrali - aggiunge Ciafani -. Staremo a vedere se riuscirà a posare la prima pietra dei nuovi impianti, come propagandato finora. L’unica cosa certa di questo progetto ideologico è che l’Italia perderà altro tempo nella lotta al cambiamento climatico e per ridurre la sua dipendenza energetica, a fronte di pesanti e crescenti costi per la collettività”.
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