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Partite IVA: un anno per mettersi in regola con la Riforma del lavoro

Partite IVA: un anno per mettersi in regola con la Riforma del lavoro

L’obbligo di assumere il finto collaboratore non riguarda il professionista che svolge realmente la professione per la quale è iscritto all’Albo

Vedi Aggiornamento del 11/07/2012
di Rossella Calabrese
Vedi Aggiornamento del 11/07/2012
06/04/2012 - Si delinea il nuovo assetto normativo per i rapporti di lavoro dei professionisti titolari di Partita IVA. Il Governo ha messo a punto il testo del disegno di legge per la Riforma del Lavoro, che aggiusta il tiro rispetto al Documento diffuso a fine marzo.
 
Innanzitutto la stretta sulle finte Partite IVA si applicherà ai rapporti di lavoro che inizieranno dopo l’entrata in vigore della Riforma, mentre per i rapporti in corso a tale data è prevista una fase transitoria di un anno, per dare ai professionisti e alle aziende il tempo di adeguarsi alle nuove regole.
 
Non cambiano i presupposti in base ai quali le prestazioni lavorative rese da titolari di Partita IVA sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa:
a) che la collaborazione duri più di 6 mesi nell’arco di un anno;
b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione costituisca più del 75% del reddito del collaboratore nell’arco dello stesso anno;
c) che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro presso la sede del committente.
 
Tuttavia, il disegno di legge prevede che debbano sussistere almeno due dei suddetti presupposti, e non almeno uno come indicato nel Documento preliminare. Resta però ferma la possibilità del committente di provare che si tratti di lavoro genuinamente autonomo.
 
Un importante distinguo riguarda i professionisti iscritti agli Albi: dalle nuove norme saranno escluse le collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione agli Albi professionali.

Ad esempio, se un architetto con Partita Iva lavora come architetto presso uno studio, per oltre 6 mesi all'anno e guadagnando da quello studio più del 75% del suo reddito, può continuare a farlo senza che il titolare dello studio sia tenuto ad assumerlo.

In caso contrario, cioè se il professionista con Partita Iva svolge un'attività diversa da quella per la quale è iscritto all'Albo, il suo datore di lavoro dovrebbe assumerlo, perchè il solo fatto che sia iscritto all'Albo non determina automaticamente l’esclusione dal campo di applicazione delle nuove regole.
 
Un’altra novità riguarda gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps: quando la prestazione lavorativa del titolare di Partita IVA si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi saranno per due terzi a carico del committente e per un terzo del collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, avrà il diritto di rivalsa nei confronti del committente.
 
 
Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ribadisce la sua assoluta contrarietà alla norma sulle Partite IVA e aggiunge che la disoccupazione degli architetti sta già crescendo: secondo i dati Cresme, in tre anni è più che raddoppiata, passando dal 7,4% del 2008 al 16% del 2010. “A cinque anni dalla laurea - spiega il Cnappc citando Almalaurea - 3 architetti su 4 sono professionisti autonomi e 1 su 4 dipendenti a tempo determinato”.

I  numeri dimostrano quindi che il fenomeno delle false Partite IVA tra gli iscritti all’Albo è marginale e un intervento come quello previsto dal Ministro Fornero colpirebbe l’intera categoria, quando solo il 2% degli iscritti è vittima di trattamenti vessatori”. Il fenomeno dei rapporti non contrattualizzati - afferma la nota - va combattuto non stravolgendo l’assetto della professione ma aumentando la vigilanza disciplinare. “Invitando, ad esempio, i colleghi a segnalare le situazioni vessatorie agli Ordini provinciali e creando le condizioni per rendere più facile creare strutture associate, cooperative e societarie”.
 
La risposta alla carenza di lavoro - ricorda infine il Cnappc - non può venire che da politiche di rilancio dell’architettura, favorendo l’accesso ai concorsi e rimuovendo gli ostacoli burocratici al processo edilizio. Viceversa, l’assunzione obbligatoria indurrebbe un forte aumento di architetti disoccupati, in particolare giovani e donne, già di per se stessi soggetti deboli”.


Per concludere, dal testo del disegno di legge sembra che la tesi del Cnappc sia stata accolta dal Governo, che ha limitato la stretta sulle Partite IVE a quelle davvero finte, cioè alle situazioni nelle quali il rapporto di collaborazione/consulenza nasconde un rapporto di lavoro dipendente vero e proprio.

Resta per ora inascoltato chi denuncia la condizione di "migliaia di giovani professionisti che vengono sfruttati da studi medio grandi e da società di ingegneria che li obbligano a comportarsi da dipendenti, tenendoli però a Partita IVA con stipendi da fame" (leggi tutto).

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