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Distanza tra edifici in zone omogenee diverse, quale limite si applica?
di Redazione Edilportale

Distanza tra edifici in zone omogenee diverse, quale limite si applica?

Valgono le regole della zona in cui si trova l’edificio su cui si eseguono i lavori, ma bisogna fare attenzione alla data dell’intervento

Vedi Aggiornamento del 06/11/2024
Foto: mantinov©123RF.com
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di Redazione Edilportale
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21/07/2022 - Qual è il limite di distanza tra gli edifici sotto il quale è vietato collocarsi? La risposta dipende dalla zona in cui sorgono gli edifici, ma anche dal momento in cui sono stati realizzati i lavori.
 
Ci sono anche altri aspetti da considerare, come nel caso in cui i due edifici, benchè vicini, si trovino in due zone omogenee diverse.
 
Bisogna poi ricordare che la normativa sulle distanze è cambiata e i contenziosi, che spesso sorgono tra vicini che lamentano il mancato rispetto delle distanze previste dalla legge, possono essere risolti sulla base delle norme vigenti all’epoca degli interventi.
 

Distanze tra edifici, il contesto

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 6086/2022, ha risolto una serie di dubbi sulle distanze. Prima di spiegare le conclusioni cui sono arrivati i giudici, è necessario fissare alcuni paletti temporali:
- il caso riguarda un intervento realizzato sulla base di un permesso di costruire rilasciato nel 2010;
- nel 2019 il Decreto Sblocca Cantieri ha dato un’interpretazione dell’articolo 9 del DM 1444/2019 che di fatto ha modificato la disciplina sulle distanze;
- nell’ordinamento esiste il principio guida “tempus regit actum”, in base al quale ogni fatto deve essere assoggettato alla normativa vigente al momento in cui si verifica.
 

Distanze tra edifici in zone omogenee diverse, quali sono i limiti?

I giudici hanno esaminato il ricorso sorto tra i proprietari di due edifici prospicienti. I due edifici sono vicini, ma si trovano in due zone omogenee diverse. Il proprietario di uno degli edifici lamenta che l’altro, con una serie di lavori, abbia violato le distanze minime previste.
 
Il Consiglio di Stato ha premesso che le disposizioni contenute nell’articolo 9 del DM 1444/1968, che fissa i limiti di distanza tra i fabbricati, sono inderogabili e giustificate dalla necessità di garantire esigenze collettive di igiene e sicurezza. Ne consegue, hanno spiegato i giudici, che l’inosservanza di tali limiti comporta l’illegittimità del permesso di costruire.
 
Ma l’articolo 9 del DM 1444/1968 fissa limiti di distanza tra edifici diversi a seconda delle zone omogenee in cui sorgono le costruzioni. Se i due edifici si trovano in due zone omogenee diverse, quali limiti si applicano? Secondo il Consiglio di Stato, si applica la disciplina inerente alla zona omogenea in cui si colloca l’edificio sul quale si realizzano i lavori edili autorizzati con il permesso di costruire.
 
Dato che l’edificio su cui sono stati realizzati i lavori si trova in zona B, e quello del proprietario che ha presentato ricorso si trova in zona A, i giudici hanno stabilito che deve essere rispettata la distanza minima di 10 metri. Si tratta della distanza obbligatoria prevista per tutte le zone omogenee diverse dalla A e dalla C nella versione del DM 1444/1968 precedente alle modifiche introdotte nel 2019.
 

Distanze tra edifici, l’evoluzione della normativa

Nel 2019, il Decreto “Sblocca Cantieri” ha affermato che le distanze minime tra edifici, previste dall'articolo 9, commi 2 e 3, del DM 1444/1968, si applicano obbligatoriamente solo alle zone C di espansione. Nelle altre zone, ogni Ente può decidere quali regole seguire.
 
Per un intervento iniziato dopo l’entrata in vigore del Decreto Sblocca Cantieri, i giudici risolverebbero la questione in modo diverso. La distanza minima di 10 metri sarebbe prescritta solo nella zone C e il contenzioso verrebbe valutato sulla base delle norme locali.
 
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