
L’equo compenso sta diventando un problema?
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L’equo compenso sta diventando un problema?
Oice, Anac, banche e imprese paventano aumenti di tutti i compensi professionali e dei contenziosi. CNI: ‘i grandi committenti se ne facciano una ragione’
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del 22/10/2024

25/08/2023 - Dal 20 maggio 2023 è in vigore la Legge 49/2023 in materia di equo compenso delle prestazioni professionali che prevede la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità delle prestazioni rese alla Pubblica Amministrazione, alle imprese bancarie e assicurative e alle imprese con più di 50 lavoratori o più di 10 milioni di euro di ricavi.
Scopo della legge è tutelare i professionisti nei confronti dei committenti forti, con cui è più evidente lo squilibrio contrattuale. La legge non si applica invece ai rapporti tra privati, che continuano ad essere regolati dalla libera contrattazione.
I compensi vanno calcolati sulla base dei parametri indicati dal DM 17 giugno 2016, che saranno aggiornati ogni due anni. Ma le nuove regole hanno generato dubbi relativi alla ‘sostenibilità economica’ dei compensi così calcolati.
Secondo Oice, la criticità risiede nel fatto che i compensi ministeriali per le prestazioni tecniche, oggi recepiti negli allegati al Codice Appalti, in base alla Legge 49/2023, se violati, comportano la nullità delle clausole contrattuali e l’impugnabilità degli esiti delle gare da parte di qualunque professionista, una situazione che mette a rischio ogni gara, da quelle del PNRR a tutte le altre.
“Una cosa è chiedere che si stimino i compensi a base di gara correttamente applicando sempre i regolamenti ministeriali - ha spiegato il Presidente di Oice Giorgio Lupoi -, altro è dedurre dal contenuto della legge che si possa immaginare un ritorno al sistema delle gare a prezzo fisso tipiche dell’epoca dei minimi inderogabili, più volte censurati e livello europeo, che ha come effetto soltanto lo spostamento sulla discrezionalità della scelta, senza rapporto qualità/prezzo e senza incentivo a migliorare la qualità dei servizi offerti”.
“Peraltro, l’articolo 13 della legge 49/2023 parla di invarianza finanziaria quando invece, da una rapida stima emerge che, se si andasse verso un sistema di gare a prezzo fisso con ribasso sulle sole spese, si determinerebbero maggiori costi per lo Stato dell’ordine di almeno il 30% tenendo conto dei ribassi medi delle gare. Dove sono le coperture finanziarie? Cosa dovrebbero fare le stazioni appaltanti impegnate con le gare di progettazione e appalto integrato del PNRR?” - si è chiesta l’Oice.
“Tale interpretazione - ha spiegato Assonime -, oltre a sostenere la legittimità della disciplina sotto il profilo concorrenziale, impedirebbe il verificarsi di conseguenze paradossali sulle tariffe dei professionisti, che, soprattutto per le società di maggiori dimensioni, conduce ad aumenti dei compensi del tutto fuori mercato, fino a importi esorbitanti, mentre nelle società di minori dimensioni, alcuni compensi sarebbero inferiori rispetto a quelli riconosciuti prima dell’entrata in vigore della legge sull’equo compenso”.
“Prima - ha sottolineato il Presidente dell’Anac Giuseppe Busìa -, sulle tariffe di gara si potevano effettuare i ribassi. Mentre ora, con la Legge 49/2023, l’equo compenso diventa il minimo inderogabile, che va a base di gara, di fatto annullando la gara. Questo comporta il rischio di un aumento di costi, svuotando di fatto la concorrenza. L’Ordine degli ingegneri, in virtù della Legge 49/2023, successiva al Codice Appalti, considera i parametri come valori minimi non derogabili”.
Secondo Anac, c’è una discrepanza normativa e le leggi - Legge per l’equo compenso del 21 aprile 2023 in vigore dal 20 maggio 2023 e Codice Appalti del 31 marzo 2023 in vigore dal 1° luglio 2023 - non sono coordinate tra loro.
“Sono, infatti, possibili tre letture del combinato disposto delle norme sulle tariffe professionali contenute nel Codice e nella Legge 49/2023:
1) le tariffe indicate rappresentano i valori massimi di aggiudicazione (posti a base di gara);
2) le tariffe indicate rappresentano parametri di riferimento, non derogabili verso il basso;
3) possono essere soggetti a ribasso solo le spese generali (che rappresentano una quota delle tariffe professionali), ferme rimanendo le tariffe professionali.
Con la prima soluzione - secondo Anac -, le gare continuerebbero ad essere aggiudicate come in passato, di fatto annullando quanto disposto dalla Legge 49/2023. Con la seconda soluzione, le gare diverrebbero a prezzo fisso, ovvero la competizione sulle tariffe decadrebbe. Con la terza soluzione, vi sarebbe la possibilità di ribassare le spese generali (le tariffe professionali diverrebbero equiparabili ai costi della manodopera non ribassabili)”.
“Abbiamo sollevato il problema, perché i rischi sono: o aumento dei contenziosi, o aumento esponenziale delle spese. La questione va risolta, anche con un intervento normativo” - ha concluso l’Anticorruzione.
Oltre ai commenti di Oice e Anac, il CNI ha citato una lettera inviata al Governo nella quale Abi, Assonime, Confindustria, Ania e Confcooperative contestano le modalità con cui è stata declinata che “rischiano di dare luogo ad aumenti paradossali e indiscriminati di tutti i compensi professionali, generando un volume di costi insostenibile per le imprese”.
CNI riferisce, infine, di “una dichiarazione molto equilibrata di Francesco Paolo Sisto, Viceministro della Giustizia con delega alle professioni, che ha invitato a verificare il funzionamento delle norme prima di abbandonarsi ad allarmi prematuri”.
A quel punto, il Consiglio Nazionale Ingegneri ha inteso ribadire ulteriormente la propria posizione in merito, attraverso le parole del suo Presidente Angelo Domenico Perrini.
“Tanto per cominciare intendiamo confermare quanto emerge da un’analisi prodotta recentemente dal nostro Centro Studi: l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, in quanto soggetto all’applicazione del principio dell’equo compenso, comporta che il compenso del professionista non potrà essere soggetto a ribasso e il criterio dell’offerta più vantaggiosa dovrà essere applicato sulla base dei soli criteri qualitativi e a prezzo fisso”.
“È ammissibile il ribasso della componente del corrispettivo relativa alla voce ‘spese’, ove le stesse siano state determinate in maniera forfettaria dalla stazione appaltante, a patto però che questo non intacchi l’equità del compenso. A tal fine la Stazione Appaltante è obbligata a procedere alla verifica dei ribassi praticati sulle spese, onde accertare che essi non incidano sull’equità del compenso”.
“Detto questo - prosegue Perrini -, è chiaro che col tempo occorrerà stabilire dei parametri che consentano alle stazioni appaltanti di definire con semplicità le soglie di anomalia dei ribassi sulla componente spese. Relativamente alle lamentele rappresentate da banche ed imprese, vorrei ricordare che la legge sull’equo compenso nasce proprio per porre fine alle storture imposte ai professionisti dai grandi committenti, con compensi irrisori per prestazioni di alta professionalità e di altrettanto alto livello di responsabilità. Sia ben chiaro che un ritorno allo status quo non è possibile. I grandi committenti se ne devono fare una ragione: la stagione dei facili profitti alle spalle dei professionisti si è chiusa per sempre!”.
“Piuttosto, è necessario sedersi insieme attorno ad un tavolo per dare attuazione alla legge 49/2023 che contiene in sè già tutti gli strumenti per evitare eventuali storture che sono paventate dai grandi committenti. Mi riferisco in particolare all’articolo 6 della legge che indica come ‘presuntivamente equi’ i compensi derivanti da modelli standard di convenzioni concordate tra grandi committenti e consigli nazionali delle professioni”.
“Prima di chiedere a gran voce il ritorno ad un regime di sopraffazione - conclude Perrini -, i grandi committenti avrebbero potuto chiamare a raccolta i Consigli Nazionali per avviare un percorso per definire i nuovi standard di convenzione che soddisfino entrambe le parti interessate. Noi, come sempre, siamo pronti ad avviare un confronto in qualsiasi momento”.
Scopo della legge è tutelare i professionisti nei confronti dei committenti forti, con cui è più evidente lo squilibrio contrattuale. La legge non si applica invece ai rapporti tra privati, che continuano ad essere regolati dalla libera contrattazione.
I compensi vanno calcolati sulla base dei parametri indicati dal DM 17 giugno 2016, che saranno aggiornati ogni due anni. Ma le nuove regole hanno generato dubbi relativi alla ‘sostenibilità economica’ dei compensi così calcolati.
Oice: ‘si rischiano ritardi e contenziosi”
Tra i primi a sollevare il problema è stata l’Oice, l’Associazione delle Società di ingegneria e architettura, che all’inizio di agosto ha definito la Legge 49/2023 “una conquista importante che parte da presupposti condivisibili e tutela giustamente, soprattutto nel settore privato, i professionisti che operano in posizione di asimmetria e debolezza rispetto ai committenti, ma - ha aggiunto - la sua estensione al settore pubblico deve essere coordinata per evitare ritardi e contenziosi”.Secondo Oice, la criticità risiede nel fatto che i compensi ministeriali per le prestazioni tecniche, oggi recepiti negli allegati al Codice Appalti, in base alla Legge 49/2023, se violati, comportano la nullità delle clausole contrattuali e l’impugnabilità degli esiti delle gare da parte di qualunque professionista, una situazione che mette a rischio ogni gara, da quelle del PNRR a tutte le altre.
“Una cosa è chiedere che si stimino i compensi a base di gara correttamente applicando sempre i regolamenti ministeriali - ha spiegato il Presidente di Oice Giorgio Lupoi -, altro è dedurre dal contenuto della legge che si possa immaginare un ritorno al sistema delle gare a prezzo fisso tipiche dell’epoca dei minimi inderogabili, più volte censurati e livello europeo, che ha come effetto soltanto lo spostamento sulla discrezionalità della scelta, senza rapporto qualità/prezzo e senza incentivo a migliorare la qualità dei servizi offerti”.
“Peraltro, l’articolo 13 della legge 49/2023 parla di invarianza finanziaria quando invece, da una rapida stima emerge che, se si andasse verso un sistema di gare a prezzo fisso con ribasso sulle sole spese, si determinerebbero maggiori costi per lo Stato dell’ordine di almeno il 30% tenendo conto dei ribassi medi delle gare. Dove sono le coperture finanziarie? Cosa dovrebbero fare le stazioni appaltanti impegnate con le gare di progettazione e appalto integrato del PNRR?” - si è chiesta l’Oice.
Assonime: ‘aumenti dei compensi fuori mercato’
Assonime, l’Associazione fra le Società Italiane per Azioni, ha indicato come questione principale posta dalla legge quella della corretta individuazione del suo ambito di applicazione. L’Associazione ritiene che la nuova legge possa riferirsi esclusivamente a rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni di opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c. “regolati da convenzioni”.“Tale interpretazione - ha spiegato Assonime -, oltre a sostenere la legittimità della disciplina sotto il profilo concorrenziale, impedirebbe il verificarsi di conseguenze paradossali sulle tariffe dei professionisti, che, soprattutto per le società di maggiori dimensioni, conduce ad aumenti dei compensi del tutto fuori mercato, fino a importi esorbitanti, mentre nelle società di minori dimensioni, alcuni compensi sarebbero inferiori rispetto a quelli riconosciuti prima dell’entrata in vigore della legge sull’equo compenso”.
Anac: ‘c’è il rischio di un aumento di costi’
Qualche giorno più tardi, sul tema è intervenuta nuovamente Anac, l’Authority Anticorruzione, riconoscendo che “sull’equo compenso ci sono disposizioni potenzialmente contrastanti” e annunciando che “prima che sorga un contenzioso, Anac sta lavorando per risolvere la questione” investendo del problema la Cabina di Regia per arrivare “ad una soluzione concordata, e potenzialmente pure ad un intervento normativo, anche per sminare il rischio di contenzioso”.“Prima - ha sottolineato il Presidente dell’Anac Giuseppe Busìa -, sulle tariffe di gara si potevano effettuare i ribassi. Mentre ora, con la Legge 49/2023, l’equo compenso diventa il minimo inderogabile, che va a base di gara, di fatto annullando la gara. Questo comporta il rischio di un aumento di costi, svuotando di fatto la concorrenza. L’Ordine degli ingegneri, in virtù della Legge 49/2023, successiva al Codice Appalti, considera i parametri come valori minimi non derogabili”.
Secondo Anac, c’è una discrepanza normativa e le leggi - Legge per l’equo compenso del 21 aprile 2023 in vigore dal 20 maggio 2023 e Codice Appalti del 31 marzo 2023 in vigore dal 1° luglio 2023 - non sono coordinate tra loro.
“Sono, infatti, possibili tre letture del combinato disposto delle norme sulle tariffe professionali contenute nel Codice e nella Legge 49/2023:
1) le tariffe indicate rappresentano i valori massimi di aggiudicazione (posti a base di gara);
2) le tariffe indicate rappresentano parametri di riferimento, non derogabili verso il basso;
3) possono essere soggetti a ribasso solo le spese generali (che rappresentano una quota delle tariffe professionali), ferme rimanendo le tariffe professionali.
Con la prima soluzione - secondo Anac -, le gare continuerebbero ad essere aggiudicate come in passato, di fatto annullando quanto disposto dalla Legge 49/2023. Con la seconda soluzione, le gare diverrebbero a prezzo fisso, ovvero la competizione sulle tariffe decadrebbe. Con la terza soluzione, vi sarebbe la possibilità di ribassare le spese generali (le tariffe professionali diverrebbero equiparabili ai costi della manodopera non ribassabili)”.
“Abbiamo sollevato il problema, perché i rischi sono: o aumento dei contenziosi, o aumento esponenziale delle spese. La questione va risolta, anche con un intervento normativo” - ha concluso l’Anticorruzione.
CNI: ‘i grandi committenti se ne facciano una ragione’
A tirare le fila della questione è poi intervenuto il Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) che, l’11 agosto, ha definito “preoccupante levata di scudi contro l’applicazione dell’equo compenso” i commenti dei giorni precedenti su “un provvedimento sacrosanto per il quale i professionisti si sono battuti per anni”.Oltre ai commenti di Oice e Anac, il CNI ha citato una lettera inviata al Governo nella quale Abi, Assonime, Confindustria, Ania e Confcooperative contestano le modalità con cui è stata declinata che “rischiano di dare luogo ad aumenti paradossali e indiscriminati di tutti i compensi professionali, generando un volume di costi insostenibile per le imprese”.
CNI riferisce, infine, di “una dichiarazione molto equilibrata di Francesco Paolo Sisto, Viceministro della Giustizia con delega alle professioni, che ha invitato a verificare il funzionamento delle norme prima di abbandonarsi ad allarmi prematuri”.
A quel punto, il Consiglio Nazionale Ingegneri ha inteso ribadire ulteriormente la propria posizione in merito, attraverso le parole del suo Presidente Angelo Domenico Perrini.
“Tanto per cominciare intendiamo confermare quanto emerge da un’analisi prodotta recentemente dal nostro Centro Studi: l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, in quanto soggetto all’applicazione del principio dell’equo compenso, comporta che il compenso del professionista non potrà essere soggetto a ribasso e il criterio dell’offerta più vantaggiosa dovrà essere applicato sulla base dei soli criteri qualitativi e a prezzo fisso”.
“È ammissibile il ribasso della componente del corrispettivo relativa alla voce ‘spese’, ove le stesse siano state determinate in maniera forfettaria dalla stazione appaltante, a patto però che questo non intacchi l’equità del compenso. A tal fine la Stazione Appaltante è obbligata a procedere alla verifica dei ribassi praticati sulle spese, onde accertare che essi non incidano sull’equità del compenso”.
“Detto questo - prosegue Perrini -, è chiaro che col tempo occorrerà stabilire dei parametri che consentano alle stazioni appaltanti di definire con semplicità le soglie di anomalia dei ribassi sulla componente spese. Relativamente alle lamentele rappresentate da banche ed imprese, vorrei ricordare che la legge sull’equo compenso nasce proprio per porre fine alle storture imposte ai professionisti dai grandi committenti, con compensi irrisori per prestazioni di alta professionalità e di altrettanto alto livello di responsabilità. Sia ben chiaro che un ritorno allo status quo non è possibile. I grandi committenti se ne devono fare una ragione: la stagione dei facili profitti alle spalle dei professionisti si è chiusa per sempre!”.
“Piuttosto, è necessario sedersi insieme attorno ad un tavolo per dare attuazione alla legge 49/2023 che contiene in sè già tutti gli strumenti per evitare eventuali storture che sono paventate dai grandi committenti. Mi riferisco in particolare all’articolo 6 della legge che indica come ‘presuntivamente equi’ i compensi derivanti da modelli standard di convenzioni concordate tra grandi committenti e consigli nazionali delle professioni”.
“Prima di chiedere a gran voce il ritorno ad un regime di sopraffazione - conclude Perrini -, i grandi committenti avrebbero potuto chiamare a raccolta i Consigli Nazionali per avviare un percorso per definire i nuovi standard di convenzione che soddisfino entrambe le parti interessate. Noi, come sempre, siamo pronti ad avviare un confronto in qualsiasi momento”.